"Rischio di chiudere, per il governo non esistiamo"

Il panettiere Francesco Rizzo: "A Castelvetrano nell'ultimo anno hanno mollato in 10. Le imposte arrivano al 60 per cento"

"Rischio di chiudere, per il governo non esistiamo"

«Ogni sera penso di chiudere e ogni mattina mi ripeto che non devo. In questo paese sono ormai più gli incentivi per chi non lavora che quelli per chi a lavorare invece continua». Dal 1956 la panetteria di Francesco Rizzo è tra le più celebrate di Castelvetrano, paese in provincia di Trapani. Qui è speciale la cottura, («cotto con le foglie di ulivo») e per materia («grano duro»). Francesco ha 32 anni ed è un «panettiere di ritorno». Da ragazzo ha lasciato la Sicilia, studiato economia e turismo. Si è laureato. Viaggiato. «Poi mi sono trasferito in Svizzera. Dalla Svizzera in Emilia Romagna. A Rimini». Da quattro anni ha deciso di tornare in paese, «perché si sa come va. Ti prende la voglia di lasciare tutto e venirti a riprendere questo sole».

Ma forse ha perso uno stipendio.

«Uno stipendio ottimo. A Rimini percepivo 2 mila euro al mese. Lavoravo nel settore alberghiero. Chi sceglie di fare l'artigiano ha sempre una ragione familiare. Una storia dietro».

E lei la ha dal 1956. La panetteria si chiama La bottega del pane. Rizzo e sforna alla vecchia maniera.

«È un panificio da tre generazioni. Mio nonno, poi mia madre, mio padre e adesso io. Ho sentito l'odore del pane caldo sin da ragazzo. È per loro che ho scelto di tornare a occuparmi del forno ma mai avrei creduto che fosse cosi difficile. Potrei rischiare di essere io quello che lo chiude».

Quanti ne ha visti sparire?

«A Castelvetrano siamo circa 29 mila abitanti e solo nell'ultimo anno ne ho visti chiudere 10. In silenzio. Moltiplichi per il resto d'Italia».

Non fate rumore e non indossate gilet.

«È forse per questa ragione che per il governo non esistiamo. La mattina mi capita ormai di vedere le saracinesche abbassate dei colleghi ed è allora che capisco. Oggi ha gettato la spugna un altro. Ho un'attività piccolissima. Panifico 200 kg di pane al giorno. Più piccolo sei e più pericoloso è sopravvivere».

Numero di dipendenti?

«Quattro e tutti regolari. Ci tengo a dirlo. La sofferenza si deve anche questo. Alla precisa scelta di rimanere nella legalità».

Ha mai fatto i conti?

«Nel nostro settore la tassazione arriva ormai al 60 per cento. Per tenere in regola un dipendente occorrono quasi 5 mila euro al mese. Non voglio ripetere che al Sud fare impresa è già un'impresa, ma voglio solo dire che oltre alle tasse dobbiamo fare i conti con la concorrenza sleale, con la mancata vigilanza dello Stato. Non mi sembra che nessun governo e neppure questo del cambiamento abbia mai cambiato in questo senso».

Quante ore lavora?

«Dalle 12 alle 18 ore. Mi sveglio ancora di notte e come vede sto rispondendo anche adesso al telefono. È sera».

In Italia si ragiona di Alta velocità e immigrati ma si lasciano lentissimamente scomparire i vecchi mestieri.

«Si parla di immigrazione, di Tav e ora al Sud si aspetta il reddito di cittadinanza. Anche qui è atteso e può immaginare come la penso».

Non ti piace?

«Sento operai che parlano come

economisti. Sta passando l'idea che sarà come mettersi in vacanza. Si fa fatica ormai a trovare ragazzi che abbiano voglia di imparare un lavoro. Io non li trovo più. Me lo lasci dire. Non è così che un'economia cresce».

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