Cultura e società

Da Roma, Parigi e Madrid un fronte unico per il vino

Francia e Spagna si schierano con l'Italia contro le etichette "sanitarie". Ma Dublino non molla

Da Roma, Parigi e Madrid un fronte unico per il vino

Parola d'ordine: fare squadra. L'hanno capito subito Italia, Francia e Spagna. Sul vino, bisogna abbracciare una battaglia comune nell'Ue. E se ci attaccano sulle eccellenze alimentari, ci si difende insieme. Non è infatti solo un simbolo, il Nettare di Bacco. Ma un business. A cui ha provato a mettere i bastoni tra le ruote il recente ok della Commissione europea ai messaggi allarmistici piazzati sulle bottiglie: i cosiddetti alert sanitari.

Un colpevole silenzio-assenso di Bruxelles (a una richiesta di giugno dell'Irlanda), che sta dando libero sfogo alla fantasia. Ma un conto è segnalare rischi, altro è scrivere che «l'alcol provoca malattie del fegato» o frasi come «esiste un legame diretto tra alcol e tumori mortali». La riunione dei ministri dell'Agricoltura, ieri a Bruxelles, è servita a compattare un primo fronte del No: Roma, Parigi e Madrid, unite nella per bloccare la norma che equipara il vino alle sigarette. Su iniziativa del governo italiano, i tre principali Paesi produttori del Vecchio Continente chiedono di bocciare quella che Confagricoltura aveva già definito una possibile deriva proibizionistica: che il settore vitivinicolo potrebbe affrontare, assecondando la via irlandese. L'idea di Dublino rischia infatti di creare un effetto stigma sul vino. Via dunque alla cosiddetta «diplomazia alimentare» per bocciare le avvertenze sul rischio cancerogeno.

Ieri il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida ha donato una bottiglia di vino al collega irlandese Charlie McConalogue. Sorrisi da un lato, con l'Irlanda che non accenna a far retromarcia: «Andremo avanti», dicono fonti diplomatiche. Lavorio di cesello dall'altro, in ultima istanza rivolgendosi ai tre Commissari competenti, che però confermano di voler ridurre almeno il 10% del consumo dannoso di alcol entro il 2025. Roma non è isolata, anzi trova alleati e probabilmente si arriverà a un documento a 9 Paesi, con dentro Repubblica ceca Danimarca, Slovacchia e Ungheria. «Ne ho parlato anche con il collega greco e portoghese - annuncia Lollobrigida - per una posizione comune». Su vino, birra e alcolici, Roma propone «un sistema di informazione corretto - insiste Lollobrigida - gli eccessi portano danni, ma non devono diventare uno stigma per alcuni prodotti che assunti in maniera moderata possono essere fattori di benessere». In disaccordo con l'Irlanda anche il ministro francese Marc Fesneau, per cui «ci sono già campagne di sensibilizzazione in tutti i Paesi Ue». Secondo Luis Planas, titolare del dicastero iberico, si deve «preservare il mercato unico, abbiamo chiesto alla Commissione di pronunciarsi, so che c'è un gruppo di Stati che pensa a un ricorso al Wto, ma è un problema che dobbiamo risolvere in famiglia, nell'Ue». Lollobrigida ha detto al collega irlandese che «l'Europa deve fare un salto di qualità, essere più capace di rispettare tradizioni legate all'enogastronomia guardando ai prodotti nell'accezione più ampia». McConalogue non è stato ostile. Neppure aperturista, però: il bollino nero «segue una legislazione nazionale del 2018, il via libera comunitario ci soddisfa». Roma, Parigi e Madrid sono pronte a muoversi con i ministri della Salute. In campo pure le parti sociali, con un possibile ricorso alla Corte di Giustizia Ue.

«Capisco che l'Irlanda si concentri su questo argomento perché in certi Paesi l'uso di alcol è molto superiore alla media mondiale - ricorda Lollobrigida - ma chiediamo un'etichetta in cui si dica che eventualmente fa danni l'eccesso».

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