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Il "sì" di Rousseau evita lo psicodramma Pd. Ma l'incidente è dietro l'angolo

Il via libera dei grillini a Draghi evita la psicosi tra i dem, che ora temono per il ritorno di Matteo Renzi. Il crollo del centrosinistra adesso è a un passo

Il "sì" di Rousseau evita lo psicodramma Pd. Ma l'incidente è dietro l'angolo

Il Partito democratico deve ringraziare quel 59% degli iscritti a Rousseau che ha evitato un imbarazzo significativo nell'ambito della crisi di governo aperta ormai da settimane. Il timore della sinistra in Parlamento, infatti, era che prevalesse il fronte del "no". Il che avrebbe sfilato i 5 Stelle dal sostegno all'esecutivo guidato da Mario Draghi. Nel tardo pomeriggio il segretario Nicola Zingaretti ha sottolineato che a suo giudizio "il successo per la formazione del governo dipende dall'alleanza tra Leu, M5s e Pd". Tuttavia, nonostante il "sì" dei pentastellati, il pericolo è da considerarsi tutt'altro che scampato.

Innanzitutto perché la formazione di Liberi e uguali - che come vi abbiamo raccontato rischia la scissione - non ha ancora ufficializzato la propria posizione in merito alla fiducia nei confronti dell'ex governatore della Banca centrale europea. E poi perché da parte dei 5S non si registra chissà quale entusiasmo per un'alleanza strutturale di questo tipo, sebbene il premier uscente Giuseppe Conte abbia provato a farsi promotore di una federazione di centrosinistra attraverso un triste show fuori da Palazzo Chigi.

La debacle è vicina

Inoltre non è affatto da escludere la scissione all'interno del Movimento 5 Stelle che, soprattutto alla luce dell'addio di Alessandro Di Battista, potrebbe impantanare ulteriormente la situazione e rallentare tutte le prove di alleanza in vista delle imminente cruciali elezioni Amministrative: nei prossimi mesi saranno chiamate al voto città importantissime come Milano, Napoli, Roma e Torino, e per il Pd una sconfitta signficherebbe mettere in forte discussione l'intera segreteria. Sì, perché la strategia adottata da Zingaretti dall'inizio della crisi è finita nel mirino di alcuni esponenti dem, che hanno aspramente criticato il modo di agire del loro numero uno. "Qualcuno, prima o poi, dovrà pagare per la fallimentare strategia tenuta dal partito durante la crisi di governo", viene fatto notare.

C'è infine, come se non bastasse, l'ombra di Matteo Renzi. Al Partito democratico non è andata giù l'operazione effettuata dal leader di Italia Viva che - a detta di molti - ha pilotato dall'esterno le mosse del Pd: "Ci siamo fatti mettere nel sacco da un partito del 2%". Al momento il presidente della Regione Lazio non vuole sentir parlare della messa in discussione della leadership perché "sulla segreteria si voterà tra due anni". Ma si continua a temere che l'ex sindaco di Firenze possa rientare nel partito, magari con un asse diverso da quello attuale. Addirittura nelle chat interne starebbe girando già il nome della mozione pronta a sostenere Stefano Bonaccini. "Torna a casa Renzi", è lo slogan che ha appreso e riferito Marco Antonellis su Tpi. Il governatore dell'Emilia-Romagna, non a caso, non ha mai chiuso a un ritorno di Renzi nel Pd.

E se così fosse, la rottura tra i dem sarebbe semplicemente una conseguenza naturale.

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