Forse anche all'Onu, dopo quasi quattro anni dalla sua nomina a Relatrice Speciale sui territori palestinesi, iniziano ad avere dei dubbi sulla imparzialità di Francesca Albanese. Ancora più in ritardo della sinistra italiana, che dopo aver fatto gara per assegnarle la cittadinanza onoraria si sta sfilando in tutta fretta dal culto della rapporteur di Ariano Irpino. Finora le Nazioni Unite hanno sempre respinto le accuse di partigianeria, negazionismo e contiguità con i movimenti estremistici pro Pal mosse (e documentate) soprattutto da rappresentanti di Israele e Stati Uniti. Qualcosa però si sta muovendo anche nel Palazzo di Vetro.
Basta vedere il tono con cui il portavoce del segretario generale Onu ha risposto in conferenza stampa a una domanda sull'ultima uscita della Albanese, quella dopo l'assalto antagonista-islamista alla Stampa ("Sia da monito per i giornalisti"). "Il Segretario Generale o il suo ufficio hanno commenti da fare in merito alle ultime dichiarazioni?", ha domandato il corrispondente Usa di i24News (rete all news satellitare israeliana). Risposta nervosa di Stéphane Dujarric, portavoce del numero uno Onu: "I relatori speciali dicono ciò che i relatori speciali hanno da dire", come dire "chiedete spiegazioni a lei non a me". Per poi concludere prendendo le distanze dalle affermazioni della italiana: "Per il Segretario Generale è molto chiaro che i giornalisti non dovrebbero mai subire alcuna forma di violenza, ovunque si trovino, sia essa fisica, verbale o intimidatoria". Altro che moniti alla stampa.
E va considerato che il portavoce del segretario Onu non è certo un avversario della Albanese. Quando gli Stati Uniti hanno sanzionato la relatrice speciale per la sua campagna anti-Israele, il portavoce Onu l'ha difesa apertamente, definendo le sanzioni contro di lei "inaccettabili" e un "pericoloso precedente". È la prima volta che dalle Nazioni Unite arriva una parola sulla Albanese nonostante le polemiche sul rinnovo dell'incarico a maggio, arrivato - secondo la denuncia di UN Watch - grazie alle protezioni di cui gode la Albanese nel Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu (in cui siedono paesi come Qatar, Algeria, Sudan...).
Un pezzo del Pd, intanto, sta cercando di rimediare all'iniziale flirt con la giurista sostenitrice di Hamas. Lo scontro infuria a Bologna, patria del prodismo. Il sindaco dem Matteo Lepore non demorde, nessun ripensamento sulla cittadinanza onoraria. Nemmeno se a chiederlo è un padre fondatore del partito, Romano Prodi. "Perseverare è diabolico. Albanese persevera, il Comune di Bologna non faccia altrettanto", ha detto il Professore bolognese, dopo che già l'ex sindaco Merola si era smarcato dal Comune. Niente, per Lepore "bisogna rispettare il Consiglio Comunale eletto dai cittadini", quindi l'onorificenza resta.
Il tema sta facendo esplodere le contraddizioni in seno ai dem. Dopo lo psicodramma Albanese, ecco subito un'altra grana a Palazzo Madama. Il senatore Delrio - esponente dell'area cattolica, vicina a Prodi - insieme ad altri dieci parlamentari Pd, deposita un disegno di legge, "Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dell'antisemitismo". E nel gruppo scoppia il panico. Prima si prova, sembra su pressione della stessa Schlein, a farlo ritirare, poi con un intervento del capogruppo dem a Palazzo Madama Francesco Boccia il partito si smarca.
Il ddl è stato presentato "a titolo personale" dal senatore Delrio, spiega la nota di Boccia, la proposta "non rappresenta la posizione del gruppo né quella del partito". D'altronde c'è una bella fetta di voti pro-Pal che il Pd non intende regalare ad Avs o a Conte.