Lo scontro sui corpi degli ostaggi. Trump: "Devono ritornare ora"

Scadute le 72 ore della prima fase, riconsegnati solo otto cadaveri dei prigionieri. Israele chiude il valico di Rafah: stop agli aiuti. Donald: "Il lavoro non è terminato"

Lo scontro sui corpi degli ostaggi. Trump: "Devono ritornare ora"
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Adesso arriva la parte difficile del piano di pace a Gaza. Hamas ha rilasciato gli ostaggi e ha accettato di rispettare la cessazione delle ostilità, ma convincere il movimento a rinunciare alle armi e smilitarizzare la Striscia prerequisiti per il ritiro completo di Israele dall'enclave, come hanno ribadito sia Trump sia Netanyahu potrebbe rivelarsi molto più complicato. Ieri, il giorno dopo la firma del patto, Israele e Hamas si sono già accusati a vicenda di aver violato il cessate il fuoco. Le famiglie dei prigionieri deceduti hanno espresso rabbia per i ritardi nel rimpatrio delle salme dei loro cari, solo quattro dei 28 corpi sono stati restituiti e identificati. Ieri sera Hamas ha consegnati altre 4 salme alla Croce Rossa. Anche Trump ha tuonato: "Le salme devono tornare subito, la fase due inizi ora". Il Forum delle Famiglie considera questa mancanza una violazione dell'accordo e ha chiesto "l'immediata sospensione del patto". Hamas aveva comunicato di non sapere dove si trovassero tutti i corpi e le due parti hanno concordato di istituire una task force internazionale per la loro ricerca, sono a lavoro anche squadre egiziane. Come risposta Israele ha fatto sapere che il valico di Rafah rimarrà chiuso oggi, lo è stato pure ieri, il flusso di aiuti verso l'enclave sarà ridotto. Misure prese contro Hamas per non aver consegnato subito tutte le salme.

Ma c'è di più. Il movimento islamista ha denunciato anche che cinque palestinesi sono stati uccisi dal fuoco dell'esercito israeliano, definendo ciò una grave violazione dell'intesa. L'esercito di Tel Aviv ha replicato che i sospettati hanno oltrepassato la cosiddetta linea gialla che delimita i punti in cui le truppe israeliane possono stazionare all'interno della Striscia. Tsahal ha chiarito di aver sparato dopo che questi non hanno acconsentito alle richieste di allontanarsi dalle truppe. Il quadro dimostra, dunque, la fragilità della tregua e i prossimi giorni saranno una prova della sua durata. Per molti israeliani, infatti, lo scopo della guerra era ottenere il rilascio degli ostaggi. Alcuni palestinesi temono che lo Stato ebraico possa riprendere gli attacchi nella Striscia. Se Hamas tentasse di controllare Gaza o rifiutasse di disarmarsi, potrebbe incrinare definitivamente una pace già fragile.

C'è un altro elemento da tenere in considerazione. Sulle strade, nei mercati, i servizi di sicurezza affiliati al movimento islamista stanno gradualmente riprendendo il controllo, ciò solleva dubbi sulla sua effettiva intenzione di voler cedere il potere e le armi, soprattutto perché l'accordo annunciato il 30 settembre da Trump ha esplicitamente escluso Hamas da qualsiasi forma di governo nella Striscia. A conferma del clima teso, il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed al-Ansari ha fatto sapere: "Sono iniziate le difficili discussioni su come sarà la fase due, ovvero la messa in sicurezza di Gaza, la sua amministrazione e la garanzia che non ci sarà più una guerra". Poi ha anche ammesso: "Abbiamo rimandato la discussione di molte questioni per assicurarci che si concretizzasse la fase uno". Diversi gli scenari che si profilano. Secondo alcuni analisti è probabile che la fase due dei colloqui possa arenarsi, che lo status quo persista così a lungo da radicarsi e stabilizzarsi, con Hamas ancora armato e l'esercito israeliano che si rifiuta di ritirarsi completamente da Gaza. In tale circostanza, Tsahal potrebbe trattare il gruppo palestinese in modo simile a Hezbollah in Libano, ovvero colpendo da lontano i militanti o i loro depositi di armi.

Oppure tornare a una situazione simile a quella esistente prima del 7 ottobre 2023 e vivere nella paura di una nuova carneficina. Nella peggiore delle ipotesi si potrebbe arrivare a una ripresa dei combattimenti. Basta una provocazione di Hamas e una reazione israeliana sproporzionata, e si ripiomberebbe in una spirale di violenza.

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