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Se va a processo la parolaccia di uno scrittore

Il problema è la "camicia di seta verde lucertola aperta a V fino all'ombelico" comprata da un famoso stilista, definito dal protagonista un "grandissimo vecchio pederasta"

Se va a processo la parolaccia di uno scrittore
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Nell'estate del 2019, Aurelio Picca, notissimo scrittore, pubblica sul Foglio un racconto intitolato Nudo sulla mia Saab. È la storia di un viaggio in barca, nella tempesta, verso la Corsica, seguito da una corsa in automobile, direzione Costa azzurra. Pochi soldi, molta voglia di vivere, un coltello corso, un amico ossessionato da Alain Delon, un altro amico traditore, uno stupro intravisto. Tutto vissuto al limite, come è tipico dei personaggi di Picca, del resto il mondo non è dei tiepidi, ma degli uomini veloci come i ghepardi, animale evocato più volte nel racconto. Tutto bene? Per niente. Il problema è la "camicia di seta verde lucertola aperta a V fino all'ombelico" comprata da un famoso stilista, definito dal protagonista un "grandissimo vecchio pederasta". Noi omettiamo il nome dello stilista ma nel racconto invece c'è, ed è quello vero. Gli eredi si sono sentiti offesi e sono passati alle vie legali. Siamo chiaramente in un'opera di finzione, ambientata nel 1988, anno in cui non esisteva ancora la sensibilità (suscettibilità) politicamente corretta. "Gay" o "omosessuale" sarebbe suonato strano: alla fine degli anni Ottanta non si andava per il sottile. "Pederasta" era usato come sinonimo di "omosessuale", anche se sappiamo perfettamente che le due cose non coincidono affatto. Ma è un racconto, non un articolo di storia della lingua destinato all'Accademia della Crusca. Il realismo conta più della precisione semantica. Paradossalmente poi, nonostante la parolaccia, l'intero passaggio è un tributo, altrimenti l'autore avrebbe usato uno pseudonimo. Comunque sia, Picca è stato querelato e da allora (sei anni) attende la conclusione del processo, che arriverà il prossimo settembre, come è stato stabilito pochi giorni fa. Deciderà il giudice se la parola "pederasta", attribuita a una persona reale ma in un contesto di finzione, è un insulto diffamatorio oppure una licenza letteraria. Non entriamo neppure nel contenzioso armati di vocabolario e di dizionario storico. E neanche aggiungiamo che, nel racconto di Picca, c'è un altro personaggio sospetto di "pederastia", come minimo, ed è proprio il protagonista e voce narrante. Ci limitiamo a una osservazione che rasenta l'ovvio. Con questo metro, sarebbe dovuta andare a processo mezza letteratura mondiale. Apriamo a caso Fratelli d'Italia di Alberto Arbasino, torrenziale romanzo di un'estate trascorsa tra il festival di Spoleto e le marchette consumate con i giovani militari. C'è una denuncia possibile quasi a ogni pagina.

Che dire dell'opera omnia di Truman Capote, scrittore raffinato, omosessuale dichiarato e maestro di gossip letterario? Di libri come Il duca nel suo dominio, Musica per camaleonti o Preghiere esaudite non si salverebbe neanche una riga. Marlon Brando, ad esempio, se la prese. Non portò in tribunale Capote, ma minacciò di tirargli una testata alla prima occasione utile...

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