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La sinistra infanga persino i volontari. E accusa la Meloni di usare nostalgici per fare la claque

Adesso c'è una nuova narrazione. Ora si accredita un'idea ardita: nelle campagne romagnole sommerse dal fango e dall'acqua, c'era la claque

La sinistra infanga persino i volontari. E accusa la Meloni di usare nostalgici per fare la claque

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La sinistra infanga persino i volontari. E accusa la Meloni di usare nostalgici per fare la claque

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Adesso c'è una nuova narrazione. Ora si accredita un'idea ardita: nelle campagne romagnole sommerse dal fango e dall'acqua, c'era la claque. O qualcosa del genere. Qualcuno pronto a battere forsennatamente le mani a Giorgia Meloni, in visita quasi senza scorta nella domenica più alluvionata dell'anno.

Si attendevano contestazioni. Non ci sono state. Non ci sono state passerelle, anche perché il tour si è svolto in modo semiclandestino, non ci sono state esibizioni né altro.

Lei e loro: il capo del governo e il popolo della Romagna, ferito ma già al lavoro per provare a ripartire. E allora il racconto cambia: il fondale non era neutrale. C'erano alcuni fascisti, anzi di più, fascisti che più fascisti non si può fra le persone che la premer ha incrociato in quelle ore drammatiche e commoventi.

Uno in particolare che ora Repubblica si incarica, nientemeno, di smascherare. Sì, l'infiltrato, scoperto da Paolo Berizzi, firma di vaglia, è Alberto Albonetti, in effetti protagonista di un video virale ma sopra le righe, da lui stesso girato in quel di Ghibullo, frazione di Ravenna. Albonetti è un parrucchiere ma in questi giorni di emergenza si è trasformato, come molti da quelle parti, in volontario. E la sua auto, colma di bottiglie d'acqua e scatolette di cibo, è un po' la location dell'incontro inatteso che l'autore commenta con toni grandiosi, un po' fuori tono, sui social: «Guardate chi c'è. C'è Giorgia. Qui non è venuto nessuno e c'è Giorgia».

D'accordo, un po' di enfasi in meno non avrebbe guastato. Anche se, a quanto si sa, la domenica è stata tutto un susseguirsi di abbracci, strette di mano, selfie, con gli stivaloni della Meloni perennemente a mollo in quella terra devastata. Difficile, davvero, immaginare ritocchi, maquillage, manine in quel paesaggio stralunato e colmo di dolore. È andata così, ora inizia il difficile, il lungo percorso verso la ricostruzione e il ritorno alla normalità.

Ma il sospetto resta e Repubblica lo trasferisce al lettore. Albonetti non è un innocuo parrucchiere. Anzi: ecco spuntare dal suo guardaroba «post e fotomontaggi del Duce», persino «negazionismo sul 25 aprile».

Addirittura, «un ritratto del Duce fez e divisa militare». E poi una terrificante «buonanotte da Predappio alta», che per Repubblica è peggio di una confessione.

Insomma, se la giornata ha avuto toni civili e non ha preso una deriva di protesta è anche perché c'erano figuranti alla Albonetti come nemmeno nella Russia zarista. E, evidentemente, è la tesi del quotidiano romano, non erano lì per caso. Così nell'articolo si passa alla moviola, anzi al Var, quel faccia a faccia di pochi secondi, lei che fa ciao con la mano e con un filo d'impaccio nel volto. Albonetti era stato piazzato apposta in quella presunta posizione strategica, in mezzo a quella gigantesca pozzanghera grande come un laghetto?

Domande e insinuazioni per sminuire quel doveroso e insieme coraggioso gesto di affetto verso la Romagna martoriata. Chiara Colosimo, appena eletta presidente dell'Antimafia, è al centro di uno scontro politico e mediatico per via di una foto che la ritrae insieme all'ex terrorista nero Luigi Ciavardini. L'immagine è stata scattata in carcere a Rebibbia e spiegata: era un evento solidale con i detenuti, usuale per i politici di ogni schieramento.

Ma nulla serve contro dubbi, retroscena e dietrologie.

E per far quadrare i pregiudizi si può mettere nel mirino pure il parrucchiere che distribuiva merendine ai bambini.

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