Sinistra in piazza senza centristi e garanzie. Verso il boomerang di un 7 giugno di odio

Alla manifestazione in San Giovanni solo Pd, 5 Stelle e Avs. Azione e Iv estromessi convocano un altro evento a Milano

Sinistra in piazza senza centristi e garanzie. Verso il boomerang di un 7 giugno di odio
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Una piazza pacifista che sprigioni odio. Paradosso inquietante. Ma in vista del 7 giugno il pericolo è questo: che la manifestazione contro la guerra catalizzi nuove tensioni o disordini per mano antagonista.

Si addensano nubi sul giorno in cui partiti e movimenti di sinistra si ritroveranno in piazza San Giovanni, a Roma, a manifestare per Gaza e contro Benyamin Netanyahu, al grido di «basta complicità!». Basta complicità dell'Italia con Israele, intendono, e già si capisce quali saranno toni e ritornelli della kermesse.

Le segreterie di Pd, Avs e 5 Stelle hanno deciso di blindare i contenuti. Il luogo prescelto è storicamente caro al Pci, e tanto capiente da svelare le ambizioni di un evento convocato alla vigilia del referendum anche per mobilitare un popolo che l'8-9 si vorrebbe riportare alle urne per i quesiti su lavoro e cittadinanza.

La piattaforma, hanno ribadito ieri, sarà la loro mozione parlamentare pro Palestina. I settori moderati dell'opposizione, in pratica, sono stati messi alla porta. Azione e Italia viva, per partecipare, avevano provato a chiedere garanzie sui contenuti su e un minimo di equilibrio (no a bandiere di Hamas, no a slogan antisemiti). Lo stesso ha fatto la «Sinistra per Israele». In cambio hanno ricevuto in cambio un secco «no»: «La piattaforma è la nostra mozione parlamentare - il senso della replica di Nicola Fratoianni di Avs - Le manifestazioni si convocano così. Non è che si convocano e poi qualcuno cambia la piattaforma, chi non la vuole fa le sue valutazioni». Il messaggio è molto chiaro: accomodatevi fuori. Ed è arrivato ai destinatari: fonti di Azione, infatti, hanno fatto sapere che ieri ci sono stati contatti diretti tra Carlo Calenda e Matteo Renzi per organizzare a Milano il giorno prima (il 6 giugno) «un'iniziativa comune» di «condanna all'azione del governo israeliano» ma anche «di sensibilizzazione sul pericolo antisemitismo» e «contro chi professa la distruzione di Israele». E +Europa si spacca: Benedetto Della Vedova sarà a Milano, Riccardo Magi a Roma.

Il significato politico della faccenda è chiaro: Gaza è l'unico tema su cui Pd, 5 stelle e Avs possono presentarsi compatti e compattarsi col loro mondo di riferimento (l'associazionismo e i vip dello spettacolo) e si considerano tanto autosufficienti da poter snobbare i gruppi centristi. Questi, a dire il vero, erano anche apparsi disposti ad allinearsi: Calenda per esempio ieri ha invocato addirittura sanzioni per Gerusalemme. Renzi, Calenda e Sinistra per Israele hanno solo aggiunto solo qualche riserva minima di buon senso. Risultato? Zero. E ora sembra che i siano stati messi alla porta per aver osato chiedere che la piazza non sia antisemita.

E si torna al clima di tensione. I precedenti sono scoraggianti ed è proprio quello che qualcuno a sinistra oggi teme: l'effetto boomerang che potrebbe avere la manifestazione pro Gaza di sabato se venisse sfruttata dalle frange antagoniste per scatenare scontri e regolare i conti interni con i partiti (accusati di essere troppo morbidi) o con l'evento, considerato tardivo.

Il clima è eccitato, basti pensare che per tutto il fine settimana sono previste proteste e presidi e per domani i Giovani palestinesi annunciano una contestazione contro il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sarà a Brescia a presentare un corso di laurea. «Fuori Tajani, fuori Israele. L'università non dev'essere complice del genocidio».

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