Il solito schema: Salis libera, Nordio in galera

La stessa sinistra che ha concesso la tutela all'eurodeputata antifascista si è espressa con convinzione a favore dell'autorizzazione a procedere per i membri del governo sul caso Almasri

Il solito schema: Salis libera, Nordio in galera
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"Siamo tutti antifasciste" a Strasburgo, ma quando ci si sposta a Montecitorio il garantismo resta sempre per la sinistra uno straccio sporco con cui ammantare quei farabutti del centrodestra.

La grande coralità sul predominio della politica sui tribunali si è consumata con una fiammata in quei 36 secondi in cui il Parlamento europeo ha salvato Ilaria Salis dalla riconsegna alle carceri ungheresi. Finita lì: immunità incassata, zero ringraziamenti alla civiltà della dottrina giuridica sulla separazione dei poteri, pugni chiusi e slogan urticanti. Per parafrasare un fortunato slogan della Lega di Bossi dei primi anni Novanta: somaro parlamentare, vota e taci.

Sono bastate 48 ore per riscontrare una controprova poco edificante: la stessa sinistra che ha concesso la tutela all'eurodeputata antifascista si è espressa con convinzione a favore dell'autorizzazione a procedere per i membri del governo sul caso Almasri. Lo schema che ha animato il voto dell'opposizione è stato di una semplicità disarmante. Pd (gran parte), M5s e Avs, che avevano votato per la libertà di Ilaria Salis, si sono espressi per consegnare ai giudici mezzo governo, con la speranza segreta di mandare in galera il guardasigilli Nordio, il ministro dell'Interno Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Ci ha pensato la maggioranza a proteggerli con lo scudo dell'immunità, ma fosse stato per l'opposizione i tre avrebbero meritato quel regolare processo che invece è stato cancellato per l'eurodeputata antagonista. Una che occupava abusivamente le case e andava in vacanza in Ungheria con picchiatori dai colpi pesanti accusati di fracassare il cranio degli antagonisti politici.

Il caso Almasri resta uno dei tanti assalti a vuoto dell'opposizione che, per un certo momento, aveva accarezzato l'idea di fare cadere il governo sulla riconsegna alla Libia del generale Usama al-Masri Nagim, ritenuto un criminale di guerra dalla Corte penale internazionale dell'Aia. Come noto, fu riportato dall'Italia a Tripoli dopo un peregrinare in mezza Europa mentre tutti i vari Stati toccati dal suo passaggio facevano a gara a levarselo di torno. Cacciare Almasri, anziché internarlo, è stata una misura di sicurezza nazionale. Il generale, se fosse stato rinchiuso in qualche carcere italiano, avrebbe comportato un rischio concreto di attentati nel Paese nonché una ritorsione immediata nei confronti dei nostri connazionali che vivono e lavorano in Libia. Una questione non particolarmente difficile da comprendere ma che la sinistra ha sempre contestato a livello ufficiale. Forse la tesi non era del tutto sgangherata se, nel segreto della votazione, una ventina di franchi tiratori dell'opposizione hanno voluto sottrarre i membri di governo a un processo più politico che giudiziario.

Nella mente dei Conte e

Fratoianni l'operato dei governanti non va mai sottoposto al giudizio degli elettori alle urne, ma soltanto a quello di toghe amiche ben predisposte. Tanto per loro Nordio sarà sempre colpevole e la Salis ovviamente innocente.

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