
Non è più tempo di guerre commerciali. Dopo mesi di ostilità, Ursula von der Leyen e Donald Trump siglano la pace fissando dazi al 15%. Un accordo che rispetta le previsioni della vigilia, regala certezze alle imprese e frena i bollenti spiriti di chi avrebbe voluto andare allo scontro frontale, con danni facilmente intuibili per un grande Paese manifatturiero come il nostro.
Il primo commento a caldo arriva da Giorgia Meloni in visita ad Addis Abeba. È una prima impressione di realismo e speranza, che verrà confermata in seguito. "Considero positivo che ci sia un accordo ma se non conosco i dettagli non sono in grado di giudicare nel merito". Questo non significa che i dazi siano qualcosa di positivo. "Non è stato facile e naturalmente avremmo preferito un accordo a tassi zero - commentano - ma il 15% è una soglia che può essere sostenibile per il sistema Italia, per quel terzo di imprese italiane che esporta negli Stati Uniti e sarà in grado di assorbire il contraccolpo. Tanto più che è comprensivo del 4,8% che deriva dalla clausola di nazione più favorita e non aggiuntivo".
Il punto di partenza fissato dalla premier trova conferma nel corso della giornata, con la maggioranza di governo che si mostra realista su quello che ci sarà da fare, co una politica di un passo alla volta. A tarda sera arriva infatti la dichiarazione congiunta di Meloni, Tajani e Salvini, che giudica "sostenibile" il patto al 15 per cento e si invita a lavorare per migliorare ancora le condizioni.
"L'accordo - prosegue la nota - garantisce stabilità, aspetto fondamentale per i rapporti tra due sistemi economici e imprenditoriali fortemente interconnessi tra loro, come sono quelli dell'Unione Europea e degli Stati Uniti".
Poi, centrali, le misure per rinnovare l'Europa e non danneggiare le aziende che subiranno il peso dei dazi. "Allo stesso tempo, continuiamo a lavorare a Bruxelles per rafforzare il Mercato Unico, semplificare le nostre regole, tagliare la burocrazia, diversificare le relazioni commerciali e ridurre le nostre dipendenze. Infine, siamo pronti ad attivare misure di sostegno a livello nazionale, ma chiediamo che vengano attivate anche a livello europeo, per quei settori che dovessero risentire particolarmente delle misure tariffarie statunitensi".
Di certo ora bisogna trovare misure con cui sostenere e le aziende colpite. "L'accordo pone fine a mesi di incertezza" spiega Carlo Fidanza, capo delegazione di Fdi-Ecr al Parlamento europeo. "Studieremo i dettagli per comprenderne il reale impatto, che in questa fase si somma purtroppo a un dollaro molto debole, per poi prevedere adeguate misure di sostegno europee e nazionali alle filiere più danneggiate".
L'Italia è anche intenzionata a lavorare per l'abbattimento dei cosiddetti dazi interni all'Ue.
I dazi sono lontani dalle nostre idee liberali, ma l'Europa ha fatto il massimo in questa trattativa raggiungendo un 15% che rispetto ad altri numeri visti è un successo" dichiara Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI.
Sullo sfondo Giorgia Meloni ha incontrato ieri il primo ministro dell'Etiopia, Abiy Ahmed, ad Addis Abeba
(nella foto) per confrontarsi sui progetti italiani in Etiopia nell'ambito del Piano Mattei, incentrati su infrastrutture viarie, acqua, caffè, patrimonio architettonico, formazione e occupazione. L'Africa resta importante.