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L'ombra dell'ingerenza sul voto: quei punti oscuri sul dossier Usa

Il sospetto è che il dossier Usa serva, in realtà, come "monito" per il prossimo governo affinché non si smarchi dalla linea dell'amministrazione Biden

L'ombra dell'ingerenza sul voto: quei punti oscuri sul dossier Usa

Molto rumore per nulla. Ad oggi, oltre a un fiume di ombre e allusioni, il dossier Usa sui 300 milioni di dollari elargiti dalla Russia a partiti politici in diversi Paesi del mondo ha scatenato un feroce dibattito in Italia sulle presunte ingerenze di Mosca, senza alcuna conferma certa che il nostro Paese sia perlomeno citato nel dossier. "Al momento non risulta ma le cose potrebbero cambiare", ha sottolineato il presidente del Copasir Adolfo Urso in trasferta a Washington. Dopotutto, l'articolo del Washington Post contenente lo "scoop" affermava che le attività di Mosca sono state identificate in Albania, Montenegro, Madagascar e, potenzialmente, Ecuador, secondo una fonte interna dell'amministrazione. Solo in un passaggio si cita l'Europa, ma anche qui senza entrare nei dettagli. Secondo Repubblica, esisterebbe però un rapporto del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, composto da una combinazione di informazioni di intelligence e “open source”, ossia disponibili pubblicamente, in cui il nostro Paese verrebbe menzionato, ma anche qui siamo nel campo delle illazioni. Infatti, se Mosca avesse davvero finanziato un partito politico italiano o avesse dei politici a "libro paga", probabilmente sarebbe già emerso da tempo.

Il sospetto sul dossier Usa

La tempistica con la quale è emerso questo "fumoso" dossier, che sembra sia stato difuso con il preciso intento di creare scompiglio nella campagna elettrorale italiana, fa riflettere. Dopotutto, come osserva il Corriere della Sera, nelle note informali di queste ore si specifica che il dossier non sarà consegnato ai governi stranieri perché "classificato", accrescendo così i dubbi su modi e tempi di diffusione delle informazioni. L'ipotesi è che la notizia diffusa a una decina di giorni dalle elezioni politiche del 25 settembre, possa essere una sorta di di "warning", di "monito", per chi vincerà le prossime elezioni. È probabile che al di là dell'Atlantico non abbiano affatto gradito, ad esempio, i dubbi del leader della Lega, Matteo Salvini, sulle sanzioni alla Russia. E allora l'unica vera ingerenza, in questo momento, sarebbe proprio quella dell'amministrazione democratica di Joe Biden.

Ci vuole estrema chiarezza su questioni di sicurezza nazionale di questo tipo. Anche nelle accuse. Su un tema del genere, ha sottolineato il direttore del Giornale Augusto Minzolini, "se ci sono i nomi, devono essere detti. Se non ci sono dei nomi, allora c'è il silenzio. L'unica cosa che non è accettabile è che, su delle ombre proiettate sul nostro Paese, la cosa rimanga così nel vago e venga utilizzata da altri per lanciare accuse o sospetti. La prima cosa è, fuori i nomi, questo meccanismo perverso non può finire per condizionare in un modo o nell'altro il voto. È un problema di costume e di integrità del voto, che non può essere potenzialmente condizionato da notizie che non sono precise".

"Uscita che può essere ritenuta un'interferenza"

Quanto a una possibile - voluta - interferenza dei dem Usa nella politica italiana non ci sarebbe nulla di cui stupirsi. Soltanto riferendoci agli ultimi anni, nel 2016 fece molto discutere quell'endorsement in piena regola a favore della riforma costituzuonale Renzi–Boschi dell'amministrazione Obama. "Il referendum offre l’opportunità di garantire la stabilità del Governo", disse l’allora ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, John Phillips, ospite del Centro Studi Americani. Nel 2019, fu invece la volta del repubblicano Donald Trump, il quale affermò che Giuseppe Conte era "un uomo di grande talento" e che sperava rimanesse Primo ministro. Prese di posizione pubbliche, a differenza di un dossier che, a pochi giorni dalle elezioni, ha scatenato pericolose allusioni e illazioni dato che nomi, e accuse precise, al momento non se ne faranno. Un modo forse per avvertire il prossimo governo di non discostarsi dalla linea dell'amministrazione Usa.

Che il dossier Usa possa essere a sua volta un'ingerenza dell'amministrazione dem nella politica italiana, lo sospetta peraltro anche l'ex premier. Mario Monti. Se fossi a Palazzo Chigi, ha dichiarato il senatore ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo, "inviterei gli americani a trasmetterci le informazioni che possano avere conseguenze perché se non è una fuga di notizie e se c'è anzi una partecipazione dell'amministrazione americana a questo documento, anche un'uscita di questo genere può essere ritenuta un'interferenza nella nostra campagna elettorale.

Su queste questioni gli Stati devono essere puntigliosi".

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