
La sentenza che ha condannato Alberto Stasi ha dovuto riconoscere che per l'omicidio di Chiara Poggi il suo fidanzato non aveva un movente; e che tutte le ipotesi avanzate nel corso del processo, a partire dalla presunta passione di Alberto per la pornografia online, sono inadeguate a spiegare perché il giovane bocconiano avrebbe dovuto massacrare Chiara. Eppure oggi si scopre che, a dieci anni da quella sentenza, gli psicologi del carcere di Bollate sono tornati a sventolare quella ipotesi, con toni vagamente moraleggianti, dandola quasi per accertata. E addentrandosi in una loro spiegazione della psiche di Stasi che appare quanto meno avventurosa se vista con gli occhi di adesso: quando è la colpevolezza stessa del condannato a venire messa in discussione dalla Procura di Pavia, che indica invece in Andrea Sempio - amico del fratello minore di Chiara - il colpevole alternativo.
Si tratta delle consulenze depositate agli atti del tribunale di Sorveglianza di Milano che nel marzo scorso ha concesso a Stasi la semilibertà. Per fare uscire l'ormai 42enne condannato dal carcere di Bollate i giudici hanno dovuto scavalcare non solo il parere negativo della Procura generale, ma anche le bacchettate degli psicologi, che tornano a indicare «movente o quanto meno l'occasione del delitto» «nella ossessiva visione di materiale pornografico fino alla sua meticolosa catalogazione nel pc, con tratti francamente eccessivi anche per un giovane alla scoperta della sessualità». Lo psicologo ipotizza che Stasi sia affetto da una forma di «parafilia, ossia di ricerca del piacere sessuale attraverso modalità non convenzionali», anche se poi deve ammettere che ne esistono solo «tracce», «in assenza dei requisiti che normalmente conducono alla diagnosi di vero e proprio disturbo parafilico».
Parafilico o meno, Stasi è innocente: questa è invece oggi la convinzione della Procura di Pavia, alle prese con la rilettura per intero degli atti dell'inchiesta condotta all'epoca dai carabinieri di Pavia e riassegnata ora ai loro colleghi di Milano. È un'inchiesta che si annuncia ancora lunga, alle prese con la difficoltà di salire a ritroso il tempo trascorso, che ha fatto sbiadire ricordi e reperti; come l'intonaco delle scale di casa Poggi con l'impronta di Sempio, raschiato nel 2007 e che ancora non si sa davvero che fine abbia fatto. Ci sono certamente altri approfondimenti che i pm guidati dal procuratore Fabio Napoleone stanno compiendo su versanti ancora segreti, lontano dai riflettori dei media. Ma in questa carenza di notizie ufficiali prende piede una attenzione spasmodica e spesso morbosa intorno all'intera vicenda, che produce anche episodi disdicevoli come le minacce di morte inviate a una dei difensori di Andrea Sempio, l'avvocato Angela Taccia, che si vede arrivare due mail con l'immagine di un fucile a pompa, «così sai che io ti ucciderò», e ancora «sei morta»: non è la prima volta, racconta il legale, che le arrivano messaggi del genere, stavolta ha deciso d sporgere denuncia perché «mi hanno spaventato e perché questo pazzo mi ha detto che sa dove lavoro e che lo aveva trovato sul sito dell'albo avvocati».
Immediata la solidarietà della collega-avversaria Giada Bocellari, legale di Stasi, anche lei vittima in passato di trattamenti simili: «Speriamo che l'attenzione mediatica cali su questa vicenda». Si sta vivendo, ha proseguito, la «creazione di un clima d'odio che deve finire e che non è accettabile».