"Quella è la strada...". Ora anche il Pd non esclude le elezioni anticipate

Le tensioni nella maggioranza si fanno sempre più forti e sul tavolo resta l'ipotesi del ritorno alle urne. Il ministro Orlando (Pd) ammette: "Non credo ci siano alternative al governo Draghi"

"Quella è la strada...". Ora anche il Pd non esclude le elezioni anticipate

Si fanno sempre più alte le onde delle fibrillazioni nella maggioranza, che nel giro di pochi giorni si è spaccata diverse volte mettendo in evidenza una limpida serie di divergenze su questioni cruciali. Nonostante a dicembre 2021 abbiano giurato fedeltà e continuità, ora i partiti che sostengono il governo guidato da Mario Draghi iniziano ad avere i primi dubbi sulla capacità di arrivare fino alla scadenza naturale della legislatura nel 2023. Non si tratta tanto di volontà e intenzioni, ma di sospetti e timori in vista dei prossimi appuntamenti politici che potrebbero innescare ulteriori divisioni.

Elezioni anticipate?

Sul tavolo resta l'opzione delle elezioni anticipate, vista da molti come l'extrema ratio se si dovesse cadere in una crisi di governo. Se fino a qualche settimana fa tutti i partiti di maggioranza spingevano per la stabilità dell'esecutivo dettata dalla necessità di arrivare fino al 2023, ora c'è una sostanziale novità: il Partito democratico non ha sbarrato la strada al ritorno anticipato alle urne.

A riferirlo è Andrea Orlando, un esponente di peso della galassia del Pd e di certo non un comune rappresentate. Il ministro del Lavoro, intervistato da La Stampa, in sostanza ha sostenuto che quella delle elezioni potrebbe essere una strada percorribile (e non da demonizzare) qualora il governo dovesse finire in un vicolo cieco e precipitare in conflitti interni: "Lo temo per il Paese. Ma non è che le elezioni possano essere evitate a dispetto dei santi: se la situazione diventa impraticabile quella è la strada".

Da sempre i partiti hanno acquisito la consapevolezza che il premier Mario Draghi rappresenta l'unica figura in grado di mantenere unita una maggioranza così variegata: in sua assenza sarebbe assai difficoltoso individuare un profilo che sappia tenere saldi partiti animati da sensibilità differenti. "Non credo ci siano alternative al governo Draghi, anche alla luce di com'è andata la vicenda dell'elezione del presidente della Repubblica", ha infatti ammesso il ministro Orlando.

Ma fino a che punto i partiti di maggioranza intenderanno spingersi? Resteranno nello steccato della campagna elettorale o sconfineranno oltre? Va comunque sottolineato che lo scoppio della crisi tra Ucraina e Russia potrebbe aggravare il quadro europeo e allontanare decisamente l'ipotesi delle elezioni anticipate in Italia, preservando lo spirito di unità nazionale a discapito dell'instabilità politica.

Tensioni nel governo

A preoccupare sono i prossimi step politici che potrebbero creare altre guerriglie tra i partiti di maggioranza: i referendum sulla giustizia e le elezioni amministrative in primavera potrebbero finire per incrementare le tensioni, con sviluppi del tutto imprevedibili sulla tenuta dell'esecutivo. Senza dimenticare temi cardine su cui il governo è destinato a spaccarsi come già accaduto: su tutte la fine del green pass, la riforma Cartabia e le concessioni balneari.

Ma il ministro Orlando è stato chiaro: questioni che riguardano gli obiettivi del Pnrr, la riforma fiscale e quella della concorrenza "non sono cose su cui si può giocherellare".

Il sentore di Giorgia Meloni è che la fine del governo Draghi possa essere più vicina di quanto si pensi. "Comincio a dubitare", è stata la risposta della leader di Fratelli d'Italia alla domanda sulla possibilità che l'esecutivo arrivi saldamente in vita fino al 2023.

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