Questa Germania malata di incertezza

Le ragioni di questa avanzata non sono solo economiche, benché la stagnazione che dura da tre anni pesi sul paese

Questa Germania malata di incertezza
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Che Alternative für Deutschland riuscisse quasi a triplicare i voti nelle amministrative della Renania Settentrionale-Vestfalia era atteso. Cinque anni fa, nelle precedenti elezioni locali, la destra radicale si fermava attorno al 5%, mentre oggi ha raggiunto il 14,5%, percentuale che rispecchia pure per difetto la tendenza nazionale. Ma il dato più rilevante, che rende questa circoscritta tornata amministrativa interessante oltre i confini regionali, è un altro: AfD non è più soltanto un fenomeno circoscritto ai Länder orientali, legato alle ferite della riunificazione e alle difficoltà di integrazione democratica. Il partito sfonda anche a ovest, nel cuore del benessere tedesco. Le ragioni di questa avanzata non sono solo economiche, benché la stagnazione che dura da tre anni pesi sul paese. Ancora più incisiva è la sensazione diffusa di insicurezza sociale, alimentata anche dalla lunga stagione delle "porte aperte" voluta negli ultimi governi Merkel e segnata da un'immigrazione illegale in larga parte sfuggita ai controlli. AfD, che non rinuncia a un linguaggio antagonista né cerca alleanze, si presenta come interprete di un malessere che corre ormai lungo tutto il territorio federale.

La Renania Settentrionale, con il suo passato di carbone e acciaio e con la Ruhr divenuta simbolo di deindustrializzazione, offre l'immagine plastica di questo declino. Un tempo meta di operai italiani, portoghesi e turchi, oggi fatica a integrare i nuovi flussi migratori, soprattutto dai Paesi islamici. Le dismissioni industriali hanno recuperato spazi all'arte e alla natura, ma non al lavoro, e intere città scivolano verso la marginalità sociale. In questo scenario, i partiti tradizionali appaiono incapaci di rispondere a inquietudini che non sono tanto ideologiche. È il vivere quotidiano a generare frustrazione: vie centrali svuotate, quartieri residenziali degradati, servizi pubblici dai treni alla posta in caduta libera, prezzi esplosi e affitti fuori portata. Un peso che grava soprattutto sul ceto medio, da sempre ossatura di una democrazia. La presenza di comunità straniere percepite come estranee accentua il senso di smarrimento, ma affrontare apertamente questo tema resta difficile in un Paese che vive sotto l'ombra lunga delle atrocità del nazismo nel secolo scorso. Così spesso si sceglie di non discutere, di coprire i problemi con un velo di moralismo, mentre la politica professionale si rifugia in formule burocratiche che annullano il confronto. Per sedici anni, d'altronde, la politica di Angela Merkel si è fondata sul principio cardine dell'Alternativlos (senza alternativa), con cui ogni sua decisione veniva presentata come l'unica via possibile e ineludibile.

La disaffezione dei cittadini dalla sfera pubblica ne è stata una conseguenza, associata alla sensazione giusta o sbagliata che sia di non contare nulla, di non riuscire a scalfire il muro di gomma innalzato dalle élite vere o presunte a difesa della propria cittadella. Il dibattito è sparito, sostituito da un crescente autocontrollo nel discorso pubblico: molti cittadini preferiscono tacere piuttosto che rischiare conseguenze. D'altronde, l'isolamento istituzionale imposto ad AfD non ha funzionato, al contrario ha alimentato il mito degli outsider. Secondo i sondaggi, nei Länder orientali il partito sfiora il 40% e il prossimo anno potrebbe presto guidare due governi regionali, in Sassonia-Anhalt e Meclemburgo.

Ora che è in crescita anche a ovest (nella fiorente Baviera AfD è accreditata del 20%) si constata che, trentacinque anni dopo la caduta del Muro, l'omogeneità raggiunta dalla Germania rischia di non essere quella che si sperava.

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