
Il suicidio è in corso. In libreria, in piazza, nei salotti buoni. Non "Il suicidio di Israele", come vuole il titolo del libro di Anna Foa premiato nella prima edizione del Premio Strega per la saggistica. Ma il suicidio, invece, della conoscenza dei fatti, del buon senso che ne deve conseguire, della dignità da parte di un'istituzione della cultura italiana ammantata del titolo di un premio storico; e, d'altra parte, di quella piazza progressista che ieri, in coincidenza casuale col Premio, sostenendo di marciare per la pace, non ha potuto fare a meno di buttar là oscenità negli slogan: "Siamo tutti antisionisti", "Israele sionista stato terrorista", e naturalmente nella parola magica, "genocidio" e di bruciare le bandiere israeliane con quelle europee e della Nato. L'intenzione sottesa nel libro, nella piazza, nei mille dibattiti televisivi di questi giorni persino mentre Israele combatte l'odioso regime iraniano per tutti, è di cancellare Israele, l'identità stessa del popolo ebraico. In un'intervista a Radio Vaticana la Foa sostiene che certo Netanyahu non può, non sa, vincere le guerre e tantomeno può battere l'Iran, e butta là che con il regime iraniano Netanyahu invece abbia molti punti in comune. Cioè, nella sua mente la Foa immagina Israele imporre il velo, impiccare gli omosessuali, seviziare e condannare a morte i dissidenti.
La sua fantasia segue i luoghi comuni correnti senza freni. Per lei il 7 ottobre ha potuto aver luogo perché Netanyahu aveva spostato l'esercito a difesa degli insediamenti togliendolo ai kibbutz lungo il bordo di Gaza: il fatto che Netanyahu abbia nel suo governo una componente di destra viene vista come una maledizione cosmica che allora si dovrebbe allargare a tre quarti del mondo (nel governo di Bibi ci sono due ministri, Ben Gvir e Smotrich, a destra del Likud, partito laico e liberale che domina di gran lunga il governo, il presidente della Camera è un gay sposato con due bambini, le scuole laiche proliferano, Tel Aviv ha un livello di modernità internazionale sconosciuta a gran parte dell'Europa).
La democrazia è vivace, i cortei nelle strade non sono mai e poi mai stati impediti, nel 2018 il difficile compito di disegnare una costituzione che certo definisce Israele come lo stato del Popolo ebraico è stato intrapreso: proprio come l'Italia è lo stato dell'orgoglioso popolo italiano. Le minoranze hanno diritti paritari rigidamente osservati. Ma la Foa ostenta nel libro un atteggiamento disgustato, devastato dal dolore nel non vedere la sinistra al potere, convinta che le soluzioni stiano con Barghouti, cinque ergastoli, come desiderabile partner; stiano con i tragici accordi di Oslo da cui nacque la seconda Intifada: considera razziste le misure di sicurezza che dopo il largheggiare nei progetti di pace hanno poi dovuto fare posto a misure che salvassero la vita alla popolazione come i check point. Le capacità mentali si perdono in una bibita fatta di menzogne, in piazza, alla tv, sui libri, e la Foa ne fa uso larghissimo: la legittimità del sionismo, quando viene fatta dipendere dall'autorizzazione araba, non può esserci. L'autorizzazione proviene invece dalle decisioni internazionali e soprattutto dall'innegabile origine e perseveranza degli ebrei in Israele: dalla dichiarazione Balfour alla conferenza di Sanremo fino all'Onu, e anche la indispensabile costruzione di una casa dopo la Shoah, il ritorno del popolo ebraico a casa, non è una condizione che mai avrebbe potuto realizzarsi del compiacimento islamico, ma un diritto. È pateticamente evidente come sia legato all'ideologia della Foa l'impossibilità di consegnare Israele a un governo di destra. Un governo di destra lo si può solo dichiarare fascista, razzista, di apartheid, anche se non è vero. Non c'è una sola prova nelle scuole, nell'università, nella Knesset, nelle fabbriche, negli uffici, che viga qualsiasi discriminazione politica o ideologica, e tantomeno razziale.
E come la fantasia sul genocidio: un pregiudizio ideologico legato al rovesciamento del sionismo in nazismo. La crudeltà del terrorismo è negata, l'autodifesa non è un diritto.
Il mio maestro è stato Bernard Lewis, mi vergognerei di fargli leggere quel libro. Mi vergogno di quella piazza. Adesso l'Iran è davanti ai nostri occhi: ne conosciamo crudeltà e disegni sterminatori. Chi sceglie di prendersela con Israele, o è cieco o è in malafede.