P ntavano il dito contro il sindaco e la giunta Cinque stelle. E hanno trasformato una storia opaca di provincia in un caso nazionale che ha calamitato l'opinione pubblica. Ma anche i dirigenti del Pd, da Nord a Sud, hanno le loro Quarto. Storie di arresti, avvisi di garanzia, o semplici sospetti L'ultima tegola viene giù a Brindisi: ieri viene arrestato il sindaco Cosimo Consales, accusato di corruzione e altri reati. Con lui vengono ammanettati un imprenditore, Luca Screti, che dal 2013 gestiva l'impianto di bio stabilizzazione, e un commercialista. Certo, dal novembre 2013 Consales si era autosospeso dal partito e, insomma, i leader pugliesi del Pd avevano preso le distanze dal primo cittadino. Un segnale, anche se Consales è stato disarcionato solo dall'intervento della magistratura, Ma quell'appiglio viene afferrato come un trapezio da Michele Emiliano, presidente della Regione: «Il Pd pugliese aveva ritirato da mesi la fiducia al sindaco proprio a causa delle inefficienze e irregolarità nel ciclo dei rifiuti». Dunque il Pd prova a salvare la propria immagine e a non cadere insieme al sindaco. Operazione legittima, il problema è capire se reggerà. L'impianto, a quanto risulta ai magistrati, non era mai entrato in funzione e non era a norma. Un disastro che lascia macerie in città e che il Pd allontana scomunicando Consales.Il partito del premier prova a circoscrivere le inchieste che lo lambiscono. Spiega. Dettaglia. Minimizza. Tutto il contrario di quel che è successo a Quarto dove un grappolo di intercettazioni, semplicemente pubblicate dai giornali senza nemmeno essere verificate sugli originali, è bastato alle truppe e ai colonnelli renziani per attaccare con la bava alla bocca i Cinque stelle.È il solito garantismo all'italiana: vale per gli amici, non per gli avversari. Ma le indagini e gli scandali si moltiplicano e in una manciata i giorni, fra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, l'accelerazione è stata impressionante. Per capirlo, basta spostarsi da Brindisi a Potenza e poi risalire fino a Reggio Emilia. Dalla Basilicata arriva un'intercettazione choc che speriamo trovi una qualche plausibile spiegazione. Il presidente della Regione Marcello Pittella, Pd, si rivolge al sindaco del capoluogo Dario De Luca, centrodestra, e lo invita a costruire a tavolino il default del Comune, così da far ricadere la colpa sul suo predecessore Vito Santarsiero, guarda caso dello stesso partito di Pittella. Una faida inimmaginabile, diabolica, almeno a seguire il testo del colloquio captato: «Dobbiamo evidenziare le colpe facendole ricadere su Santarsiero». Incredibile, con tanto di consigli sui possibili professionisti da contattare per sviluppare il piano. Ora la procura di Potenza indaga su 35 persone, compreso il governatore.A Brescello è Peppone ad andare in crisi. Il sindaco Marcello Coffrini, a capo di una lista civica d'ispirazione Pd, getta la spugna e si dimette. Prima mette le mani avanti: «Non sono indagato». Vero, ma, piccolo dettaglio, il comune di don Camillo è a rischio scioglimento per infiltrazioni della 'ndrangheta. Ci sono 10 operazioni urbanistiche da chiarire e lui, Coffrini, si era arrampicato sulla parete scivolosa di un'intervista elogiando Francesco Grande Aracri, poi condannato per mafia. Gaffe sul filo dell'imbarazzo.Come a Reggio Emilia, la città simbolo del comunismo italiano. Salta fuori che il sindaco Luca Vecchi ha comprato casa da chi non doveva: uno degli arrestati nell'operazione Aemilia. Quella della scoperta ufficiale dei tentacoli mafiosi in regione. I retropensieri si sprecano.
E dal carcere un imprenditore scrive al primo cittadino ricordandogli le tante mani, calabresi come la moglie Maria Sergio, strette nei circoli del Pd. Dal rosso delle bandiere al rossore delle facce. Anche se la grande informazione distribuisce pacchi di ovatta, questi sono giorni amari per il Pd.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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