Gli svarioni che dividono la bella Italia

Open to meraviglia non smette di meravigliare, una campagna promozionale per il turismo che, nel peggio, meglio non poteva venire.

Gli svarioni che dividono la bella Italia
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Open to meraviglia non smette di meravigliare, una campagna promozionale per il turismo che, nel peggio, meglio non poteva venire. Ha fatto molto parlare. Ma di che? Della campagna stessa.

Tanto che l'Agenzia Armando Testa ha comprato anche una pagina del Corriere della Sera per dire di come la campagna abbia rotto il muro dell'indifferenza e sia «riuscita a dar vita ad un dibattito culturale così vivace che rappresenta qualcosa di positivo». Un dibattito culturale sì, che tanto per cominciare ha fatto drizzare i capelli a Vittorio Sgarbi. La Testa dice: «Era più di Cinquecento anni che non si parlava di Venere così tanto». In realtà sono più di cinquecento anni che non se ne parla così, e ti credo. Prendi la Venere del Botticelli e la mixi con la Ferragni che mangia la pizza e la spiaccichi su monumenti e piazze che conosce già tutto il mondo (il Colosseo, Piazza San Marco, ai Faraglioni su un motoscafo). Ma fosse solo questo.

Il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin fa notare come il Teatro Olimpico di Palladio sia, nel portale del governo, «affacciato sulla suggestiva Piazza dei Signori». Mentre è a Piazza Matteotti, a mezzo chilometro da Piazza della Signoria. Così come viene chiamato Palazzo della Regione quello che è il Palazzo della Ragione (in effetti di ragione ne hanno messa poca). Su questa campagna non si finirebbe comunque mai di contare gli svarioni, dove Prato in tedesco diventa Rasen, praticamente hanno usato il traduttore di Google («rasen» significa tappeto erboso), mentre Brindisi diventa Toast.

Pertanto sì, certo che ha suscitato polemiche, il deputato contro il ministro, i ministri contro i sottosegretari, ma non è bella? È brutta? Fatemela un po' rivedere. Ma che è 'sto Rasen? Ah boh, sarà colpa del correttore. Sembra di vedere un film sull'Italia degli anni Cinquanta, ma a differenza degli anni Cinquanta, magari con Totò e Peppino, solo che a differenza degli anni Cinquanta si sono scatenati tweet e meme di presa in giro in rete. Non che la rete faccia testo, ma neppure Testa.

Certo che, come dice la testa di Armando Testa non se n'è mai parlato così tanto: una campagna costata nove milioni di euro per farsi deridere.

Tanto da dover comprare una pagina di pubblicità per la pubblicità stessa. Senza considerare che comunque c'è un disegno di legge per multare i forestierismi nelle comunicazioni pubbliche. Speriamo non passi, perché altrimenti quell'«open to» costa altri nove milioni di euro di multa.

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