Non è ancora tempo per il centrodestra di scoprire le carte per il Quirinale. Non ci sono candidati ufficiali, ma solo opportunità. È questo il punto centrale. Berlusconi, Salvini e Meloni possono davvero giocarsi la partita. Non è facile. Non è scontata, ma a sinistra ci sono molte fragilità. Il Pd si è accorto che i voti dei grillini sono in ordini sparso e non facili da controllare. Giuseppe Conte non può garantire nulla e si fatica a trovare qualcuno su cui puntare. È una situazione in bilico e le maggiori possibilità di incidere le avrà chi si mostrerà più compatto. Il rischio per il centrodestra è di ripetere gli errori delle amministrative: veti, diffidenze, paure, sospetti. Il paradosso è che i tre leader hanno trovato l'accordo su una riforma della legge elettorale in senso maggioritario e spesso si muovono con uno spirito proporzionale, dove ognuno pensa prima a se stesso, in competizione con il proprio vicino. Questo accade quando gli interessi di partito vincono sulla coalizione. L'elezione del presidente della repubblica è forse l'ultima occasione per dare un senso al centrodestra. Se si perde questa occasione ognuno andrà per conto suo e lo scenario futuro sarà completamente diverso. Il rischio chiaramente c'è. È arrivato insomma il momento di decidere cosa fare. I fatti come sempre contano più delle parole, ma questo si vedrà solo a febbraio.
Le parole di martedì di Giorgia Meloni, su un passo indietro di Berlusconi hanno creato turbolenza. Forza Italia ha risposto dicendo che non tocca a lei ipotizzare retroscena. Non è neppure questo il momento di escludere questa o quella possibilità. La risposta è una nota di Fratelli d'Italia. «Giorgia vuole capire se il patto che abbiamo fatto di votare tutti Berlusconi vale anche rispetto all'impegno preso per l'ipotesi B, ovvero di votare compatti un candidato alternativo alla sinistra, se dovesse fallire il piano A». Il timore è che Berlusconi faccia accordi con la sinistra per un altro candidato. Si torna così al clima di non fiducia. Tutto questo però fa parte della cronaca e non è decisivo C'è tempo e modo di chiarirsi. È quello che spera Salvini. «C'è stato - ha detto a Porta a Porta - un fraintendimento tra Giorgia e Silvio. Cerchiamo di fare una sintesi».
La telefonata di ieri tra Berlusconi e Salvini serve anche a questo. È un messaggio di intesa tra i due partiti che sostengono Draghi. Si è parlato di manovra economica (fisco, sostegno al lavoro autonomo, artigiani e commercianti) ma è un segnale anche in chiave Quirinale. È chiaro che queste chiacchierate sono utili per definire la strategia verso la corsa al Colle. C'è da capire se si può fare un ragionamento politico con il partiti del «centro» e con tutti quelli che non si riconoscono nella sinistra allargata di Enrico Letta. È in quest'ottica anche il colloquio tra Berlusconi e Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc. Ci saranno nelle prossime settimane altri passi esplorativi, proprio per contarsi. Si va alla ricerca dei numeri.
Al «centro» c'è anche Giovanni Toti. I rapporti con Forza Italia restano piuttosto freddi, ma anche loro fanno parte della coalizione. La notizia è che il deputato lucano Gianluca Rospi, ingegnere, ex grillino, ha lasciato «Coraggio Italia-Cambiamo» per avvicinarsi a Forza Italia. Era il vice presidente del gruppo alla Camera.
Toti la settimana scorsa aveva detto che senza un maggior coinvolgimento del suo partito non avrebbero appoggiato il candidato di centrodestra. Non ha preso bene l'addio di Rospi e ha definito Berlusconi non in linea con la storia del Quirinale. «È stato un leader di partito che ha diviso, che ha acceso gli animi e provocato sentimenti di avversione piuttosto forti».
Non sorprendono questi attriti. La scena politica italiana è un arcipelago che non riesce ad aggregarsi. Non è facile tenere insieme due poli e la logica del bipolarismo è saltata da tempo. Il partito Democratico è da ricostruire, i rapporti con Renzi, ex segretario Pd e con molti suoi uomini ancora nel partito, è ormai una guerra civile. I Cinque Stelle sono implosi e non sanno più in cosa riconoscersi. La leadership di Conte è una finzione. Il centrodestra c'è, ma ogni tanto si perde.
Il sistema si regge sull'anomalia politica del governo Draghi e su una maggioranza nata da una situazione grave e eccezionale. La partita del Quirinale serve a fare chiarezza. È l'occasione per i partiti di ritrovare se stessi. Non è affatto detto che accada.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.