Un orso russo in piena forma nonostante i terribili costi umani ed economici del conflitto ucraino. Un orso sorretto da un'economia di guerra che negli ultimi tre anni ha visto una crescita del Pil del 9,7 per cento e permette, grazie "alle oltre 400mila persone arruolate l'anno scorso" di schierare in prima linea 700mila militari. Ma un orso in fondo ragionevole, ansioso di "vivere in pace il prossimo anno". E pronto a mettere in atto le proposte per il cessate il fuoco "discusse con Trump ad Anchorage" quando "abbiamo concordato e praticamente accettato le proposte del presidente". Continuano a chiamarla "Itogi Goda" (Risultati dell'anno), ma tutti sanno che la tradizionale conferenza stampa di fine anno serve in verità a Vladimir Putin per presentare i programmi dei successivi dodici mesi. In quest'ottica, le prospettive non sembrano del tutto negative. Nelle parole del capo del Cremlino il 2026 è l'anno che "potrebbe portare alla fine della guerra". Anche se le condizioni per arrivarci consistono nel dar ascolto alle richieste russe e nel confidare nella mediazione di Donald Trump.
Secondo Putin, il presidente Usa è "sincero nel voler porre fine alla guerra" e vi dedica "seri sforzi". Ma partiamo dalle condizioni del Cremlino iscritte - di fatto - nella scenografia dello studio in cui si svolge la "Linea diretta" di Putin. Dietro la scrivania del presidente campeggia una mappa della Russia che include non solo i confini della Crimea, occupata nel 2014, ma anche quelli di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, le quattro regioni ucraine annesse da Mosca nel 2022. Insomma, come già rivelato ad Anchorage, la principale condizione per un cessate il fuoco resta il ritiro delle forze di Kiev dai territori del Donbass ancora nelle loro mani. Ma un'altra sembra essere l'addio alla presidenza del nemico Volodymyr Zelensky. "Il potere in Ucraina deve alla fine diventare legittimo, e senza elezioni questo è impossibile" - spiega Putin aggiungendo che Mosca potrebbe sospendere le operazioni militari nel giorno del voto. Una terza condizione, ribadita anche dal ministro degli esteri Sergei Lavrov sarebbe l'esclusione dei leader europei dalla trattativa. Il "dialogo" tra Mosca e Washington "non ha bisogno dell'aiuto dell'Europa" colpevole - sostiene Lavrov - di pretendere l'invio di soldati Nato in Ucraina nel "tentativo di militarizzarla". Opinione condivisa da un Putin convinto che gli Europei aspettino soltanto un sconfitta di Trump alle elezioni di midterm per "tornare ad esercitare maggiore pressione". Come dire: lasciatemi dialogare con la Casa Bianca risparmiandomi le interferenze europee e vedrete che il cessate il fuoco arriverà. Nello stesso tempo Putin punta a tranquillizzare le opinioni pubbliche europee. "I politici occidentali parlano costantemente di prepararsi alla guerra con la Russia - osserva Putin - Ma che assurdità è?". Allo stesso tempo, fa intravvedere il desiderio di tornare alla collaborazione economica con il vecchio continente. "Il Pil combinato di Russia ed Europa, misurato a parità di potere d'acquisto - ricorda Putin - sarebbe superiore a quello degli Stati Uniti se le due parti collaborassero". Allo stesso tempo, nessuno deve permettersi di sottovalutare la capacità militare della Russia visto che "entro la fine dell'anno saremo testimoni di nuovi successi delle nostre forze armate".
Un tentativo della Nato o dell'Europa di imporre un blocco all'enclave russa di Kaliningrad innescherebbe invece "un'escalation senza precedenti del conflitto, innalzandolo a un livello completamente diverso ed estendendolo fino a un confronto armato di grandi proporzioni". Ma la risposta che più fa fremere il pubblico televisivo russo è il deciso "sì" consegnato a una giornalista curiosa di sapere se il presidente sia "ancora innamorato". Anche se di chi proprio non si sa.