Trump boicottato dai suoi ma lui continua a vincere

L'ex candidato Romney attacca: "Impostore" Donald spavaldo: "È un cadavere, batterò Hillary"

Trump boicottato dai suoi ma lui continua a vincere

New York C'è chi l'ha definita la carta della disperazione: dopo il netto successo di Donald Trump e la debacle di Marco Rubio al «super tuesday», l'establishment del partito repubblicano è piombato nello sconforto più totale. A tentare il tutto per tutto per fermare il ciclone Trump è Mitt Romney, l'ex candidato del Grand Old Party che nel 2012 fu sconfitto da Barack Obama. Parlando dall'università dello Utah, l'ex governatore del Massachusetts spara a zero contro il tycoon newyorkese: Trump è «un falso e un impostore», attacca, affermando che se conquisterà la nomination del Gop, la prospettiva di un futuro sicuro e prospero per l'America sarà «notevolmente ridotta». «La sua politica interna porterebbe alla recessione - chiosa - e la sua politica estera renderebbe l'America e il mondo meno sicuri». Dal palco del college a Salt Lake City, Romney accusa il magnate di bullismo, misoginia e disonestà, poi lancia un appello ai cittadini statunitensi, pregandoli di «fare la scelta giusta». «Trump non ha né il temperamento né il giudizio per essere presidente, crea allarme negli alleati degli Usa con la sua prepotenza e volgarità», continua l'ex candidato alla Casa Bianca, sottolineando come il tycoon esalti Vladimir Putin e definisca George Bush un bugiardo. A suo parere, Trump «perderà contro Hillary Clinton».Mitt Romney? «Un cadavere, un morto», è la replica immediata del frontrunner del Grand Old Party. «Non sarà mai eletto, ha già fallito due volte e l'ultima si è scontrato con un presidente che avrebbe dovuto battere», aggiunge. «È stato un candidato orribile, una catastrofe», attacca ancora Trump, forte del momento d'oro che sta vivendo, confermato dai sette Stati conquistati al «super tuesday». «Io sono l'unico in grado di battere Hillary Clinton. Non sono un Mitt Romney, che non sa come vincere», conclude. Romney non ha ancora dato il suo appoggio formale ad uno dei candidati in corsa per la nomination, limitandosi a dire che «le uniche proposte serie vengono da Ted Cruz, Marco Rubio e John Kasich». Ad oggi, tuttavia, per l'establishment del partito, la necessità più impellente è quella di fermare Trump, e l'ex candidato presidenziale è solo l'ultimo in ordine di tempo a provarci. Prima di lui è sceso in campo Michael Hayden, ex direttore della Cia e della National Security Agency (Nsa), uno dei profili di maggiore spessore della comunità degli 007 americani, il quale ha avvertito che se Trump diventasse il prossimo presidente degli Stati Uniti rischierebbe l'ammutinamento da parte delle forze armate. Karl Rove, guru delle campagne di George W. Bush, ha chiesto invece ai governatori degli Stati americani di scrivere agli elettori repubblicani implorandoli a non votarlo. Infine, sono scesi in campo oltre 70 esperti di politica estera, i quali hanno sottoscritto una missiva in cui affermano in maniera categorica che il re del mattone non può essere Commander in Chief. Tra i firmatari ci sono l'ex segretario per la sicurezza interna Michael Chertoff e Frances Townsend, consigliere di George W. Bush, ma anche Eliot Cohen e Dov Zakheim, rispettivamente vicini a Dipartimento di Stato e Pentagono. Nella lettera sostengono che il modo in cui Trump sembra «abbracciare l'uso estensivo della tortura non è accettabile», e puntano il dito contro la sua «retorica anti musulmana».

Nonostante tutto ciò, Trump pare avere ormai la nomination in tasca. I sondaggi vedono Rubio addirittura sconfitto dal tycoon in Florida, il suo Stato, e il bookmaker irlandese Paddy Power ha già cominciato a pagare le scommesse su Trump vincitore delle primarie.

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