
"Lo stesso effetto delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Ha posto fine alla guerra". Il paragone un po' ardito è in pieno stile Donald Trump ma rende, eccome, l'idea. Il raid americano sui siti nucleari iraniani ha stoppato la guerra tra Israele e Iran e poco importa se il programma atomico di Teheran sia stato effettivamente fermato o quali siano stati i retroscena e i litigi e le minacce che hanno portato al risultato. Quello che conta per il presidente americano è appunto il risultato. Per evitare nuove tensioni in un fronte già caldissimo, fermarne le possibili conseguenze ma, anche, per intestarsi un primo e prestigioso successo internazionale. E comunque, per tutti questi motivi, non è poco. "Annientati" i siti nucleari per Trump, parzialmente per l'Iran, forse per Israele. Ma, intanto, il conflitto si è fermato.
"Nessun altro oltre gli Usa avrebbe potuto fare un attacco simile, noi crediamo che sia finita", ha ribadito Trump, trovando il pieno e totale apprezzamento, del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che dopo la tirata d'orecchi che lo ha portato ad evitare la reazione contro Teheran, elogia il tycoon con un video sui social: "Grazie presidente Trump", dice facendo sventolare con le bandiere di Usa e Israele, mentre la situazione nel Paese è tornata alla normalità con l'eliminazione del coprifuoco e la ripresa delle attività, quotidiane dopo gli allarmi e le corse nei rifugi dei giorni scorsi. Secondo fonti iraniane, gli attacchi israeliani hanno causato la morte di 627 persone mentre il numero dei feriti sfiora le 5mila persone mentre secondo un ong le vittime sarebbero oltre mille.
Niente guerra e ripresa della quotidianità anche a Teheran dove lo spazio aereo, rimasto chiuso durante nei 12 giorni di guerra, riaprirà ufficialmente oggi mentre le autorità hanno annunciato un graduale allentamento delle restrizioni a internet imposte fino a ieri dai Guardiani della Rivoluzione. Ma la quotidianità di Teheran è fatta di continue repressione da parte di un regime che resta totalitario e autoritario. Secondo un'agenzia di stampa iraniana, Fars, soltanto durante i 12 giorni di durata del conflitto sono state arrestate 700 persone accusate di essere "mercenari al soldo di Israele che operavano principalmente nell'ambito di reti di spionaggio e sabotaggio". Almeno tre persone sono state già impiccate. Il Mossad intanto ha fornito filmati dei suoi agenti sotto copertura che lavoravano dietro le linee iraniane nei giorni precedenti gli attacchi in cui hanno anche allestito una base per il lancio di droni e l'Idf ha confermato l'utilizzo di "commando di terra".
Ma chiuso, si spera, il fronte iraniano, torna drammaticamente di attualità quello di Gaza dove Israele non ha nessuna intenzione di fare passi indietro. Solo ieri, sarebbero almeno 74 le persone uccise nella Striscia a causa di attacchi israeliani di cui 14 si trovavano vicino ai centri di distribuzione degli aiuti umanitari nei pressi del corridoio di Netzarim. Un altro palestinese che aspettava gli aiuti è stato ucciso e cinque persone sono rimaste ferite dal fuoco israeliano a Rafah. Eppure, secondo Taher al-Nunu, esponente di Hamas, "Nelle ultime ore si sono intensificati i colloqui con i Paesi mediatori per un cessate il fuoco. I nostri contatti con i mediatori in Egitto e Qatar proseguono", ha detto anche se specifica che il gruppo "non ha ancora ricevuto nessuna nuova proposta".
Chi aspetta una svolta anche in questo conflitto sono le famiglie degli ostaggi ancora in mano ai terroristi che ieri sono scesi in strada per una manifestazione a Washington e hanno fatto appello al Congresso Usa e al presidente.
"Trump, hai ottenuto un risultato straordinario in Iran. Hamas è debole: approfittate di questo momento storico per riportare a casa tutti i 50 rapiti", spiega il coordinamento delle famiglie chiedendo "un'azione urgente per riportare tutti a casa".