Elezioni politiche 2022

Tu chiamalo se vuoi "fascismo"

Il fascismo è un apostrofo nero tra le parole "t'odio"

Tu chiamalo se vuoi "fascismo"

Il fascismo è un apostrofo nero tra le parole «t'odio». Non è un fenomeno storico, con un inizio e una fine, ampiamente sviscerato in tutte le sue componenti e incarnazioni. Il fascismo, scrive Corrado Augias su Repubblica, è uno «stato d'animo», un'emozione, come la gioia o la tristezza. Quando un amico vi chiede come vi sentite, da oggi avete una nuova opzione: «Mah, un po' fascista, purtroppo». Così non c'è bisogno di dimostrare nulla, basta la suggestione della parola: fascista. Certo, ammette Augias, il nuovo autoritarismo non sarà una fotocopia del vecchio. Giorgia Meloni poi non sembra una politica così sciocca da mettersi in camicia nera e assecondare manifestazioni nostalgiche. Allora tutto bene, concluderebbe un cittadino qualsiasi. Neanche per sogno. Resta quello «stato d'animo», il fascismo eterno, in cui Giorgia ha trascorso la gioventù. Del resto, non si interrompe un'emozione. C'è da rimpiangere i tempi della famosa egemonia culturale della sinistra. Almeno poteva capitare di imbattersi in Ruggero Zangrandi oppure in Claudio Pavone. Gente schierata che scriveva senza nascondere la testa nella sabbia. A destra, c'erano figure come Renzo De Felice e la sua gigantesca biografia di Mussolini. Tra gli storici, anche di recente, c'è stato chi ha impostato il problema del consenso verso il Regime con gli strumenti della psicologia di massa. Ma l'analisi era fondata su una montagna di diari privati e i risultati sono stati giudicati mediocri perché vaghi. In ogni caso: quanto inutile lavoro di ricerca... Oggi tocca leggere gli «impressionisti del fascismo». Cos'è il fascismo? Tutto e niente, «uno stato d'animo», e in quanto tale, una parte (eterna) dell'essere umano. Lo scriveva anche Umberto Eco, in quello che è il suo più discutibile contributo alla cultura italiana. Salvo che poi Eco sapeva bene cosa fosse il fascismo storico. Sulle conoscenze dei suoi «eredi» è lecito dubitare. Per parafrasare Lucio Battisti: «Capire tu non puoi. Tu chiamalo, se vuoi, fascismo». Aggiungiamo poi che, con questo metro di giudizio storico, si potrebbe dire che la fede (nella propria superiorità morale) e l'obbedienza (alle posizioni del Partito democratico) siano manifestazioni emotive, stati d'animo di un comunismo eterno.

Insomma, c'è il rischio di vedere il fascio littorio nell'occhio altrui e di non accorgersi della falce e martello nel proprio.

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