Uccise due fratelli: ergastolano libero di andare al lavoro. La rabbia del padre

Il duplice delitto 14 anni fa, vittime due ventenni. "Potrei incontrarlo per strada"

Uccise due fratelli: ergastolano libero di andare al lavoro. La rabbia del padre
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«Adesso lui respira la mia stessa aria. Potrei incontrarlo per strada. Potrei bere un caffè nella stessa tazzina dove ha bevuto lui. Lui che ha ammazzato i miei figli, che ha buttato Gianluca in un cassonetto della spazzatura, che ha torturato e violentato Ilaria per quattordici ore prima di uccidere anche lei. Adesso è libero, a trentacinque anni, con una vita davanti. La vita che i miei figli non avranno, e che non ho più neanche io».

Un bar di Gratosoglio, dove Milano scivola verso l'hinterland. A un tavolino c'è un uomo cui la vita ha riservato una prova terribile. Si chiama Giovanni Palummieri, nel giugno di quattordici anni fa i suoi due figli vennero uccisi dallo stesso assassino: Riccardo Bianchi, ex fidanzato di Ilaria. «Ci rivediamo all'inferno, bastardo», gli disse Palummieri quando il giudice lesse la sentenza che condannava Bianchi all'ergastolo. Ma l'ergastolo di Bianchi è stato molto corto.

«Da un anno esce dal carcere di Bollate, tutte le mattine. Il sabato sera dorme a casa del suo papino. Suo padre, che in tutti questi anni non ha avuto il coraggio di scrivermi due righe». Della liberazione di Bianchi, Palummieri ha saputo per caso, dopo molti mesi. «Mia moglie Alessia lo sapeva. Non me l'ha detto, neanche mentre stava morendo, perché sapeva che non avrei potuto accettarlo».

A concedere a Bianchi il permesso di uscire ogni giorno dal carcere è stato il tribunale di Sorveglianza di Milano, lo stesso investito dalle polemiche in questi giorni per avere riconosciuto lo stesso diritto a un altro femminicida: Emanuele De Maria, che ha usato l'ultimo giorno di libertà per uccidere un'altra donna prima di suicidarsi. In quel caso, era stata la pena insolitamente lieve inflitta a De Maria - quattordici anni di carcere - a permettere il suo rapido rientro in circolazione. Con Riccardo Bianchi i giudici non erano stati altrettanto indulgenti: ergastolo, nonostante il rito abbreviato, confermato in appello e in Cassazione, dove a difendere il duplici omicida era arrivato uno degli avvocati più famosi d'Italia. E allora, come è possibile che dopo neanche tredici anni sia già fuori? «Non lo so - dice Palummieri - io per il tribunale non ho diritto a niente, non sono stato avvisato, non mi hanno spiegato perché hanno deciso che non sia più pericoloso. Non ho diritto neanche a sapere se il giudice che lo ha messo fuori ha figli. Non ho il diritto di chiedergli: se i figli ammazzati fossero i suoi, penserebbe che sia stata fatta giustizia?».

È la legge, in realtà, a consentire che dopo dieci anni anche un ergastolano possa godere dei benefici penitenziari: a condizione che non si sia macchiato dei cosiddetti «reati ostativi», i crimini considerati più gravi. Il femminicidio, nonostante tanti drammi e tanti proclami, non è considerato tale. Neanche quando ha modalità feroci come nella storia dei due figli di Giovanni Palummieri.

Riccardo Bianchi, disse il pm Cecilia Vassena nella sua requisitoria, «non ha mai mostrato alcun segno di pentimento». Per uccidere Ilaria, che sulla rubrica del telefono aveva registrato come «Ila troia», doveva attirarla in trappola: per questo si finse amico del fratello, passò una sera con lui, e alla fine lo ammazzò con trenta coltellate. Gli prese le chiavi di casa, e svegliò Ilaria dicendole: ho appena ammazzato tuo fratello. Poi la sequestrò e la torturò. Le urla di Ilaria si sentirono in tutto il palazzo, e nessuno accorse. Poi la uccise. Palummieri attese più di un anno per riavere i corpi dei suoi figli. Una ottusa burocrazia comunale gli mandò una diffida invitandolo a liberare l'obitorio da quegli ingombri.

Il giorno del

processo all'assassino Palummeri disse: «Gli conviene prendere l'ergastolo, perché altrimenti quando esce mi trova ad aspettarlo e chiudo la faccenda a modo mio». Adesso, dice, «è venuto il momento di mantenere la promessa».

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