La «legge schiavitù», alla fine, è entrata in vigore in Ungheria con la firma, ieri, del capo dello Stato, Janos Ader. Le 15mila persone scese in piazza domenica per protestare contro l'introduzione della norma, che alza da 250 a 400 le ore di lavoro straordinario all'anno e che permette di ritardarne il pagamento anche per tre anni, e le altre migliaia che nei giorni precedenti e seguenti stanno continuando a manifestare non sono riusciti a far cambiare idea ad Ader. Che, ieri, si è giustificato dicendo di «non avere elementi per dire che la legge è anticostituzionale» e paragonandola ad altre regole vigenti altrove in Europa.
Le proteste sono cominciate lo scorso 12 dicembre, il giorno in cui il Parlamento di Budapest ha approvato la «legge schiavitù», insieme ad un'altra norma altrettanto controversa che istituisce un sistema parallelo di tribunali amministrativi alle dirette dipendenze del ministero della Giustizia. Da quel giorno la mobilitazione antigovernativa non si è mai fermata, e gli ungheresi contrari alle politiche del primo ministro Viktor Orbán hanno annunciato un nuovo appuntamento per oggi pomeriggio.
Il capo dello Stato Ader, che ieri ha anche
sostenuto che la nuova legge «non diminuisce i diritti dei lavoratori», è condiderato vicino a Orbán: è un membro del suo partito, Fidesz, ed è già stato ministro della Giustizia nel primo esecutivo guidato da quest'ultimo.
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