"Vedi Marina, la vita è così... Fai, fai... E poi vai"

Le ultime parole dette alla figlia nel libro di Del Debbio

"Vedi Marina, la vita è così... Fai, fai... E poi vai"
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Nel maggio del 2024, a quasi un anno dalla scomparsa del Presidente, un libro di Paolo Del Debbio, «In nome della libertà», svela l'esistenza e il contenuto dell'ultimo scritto autografo che Silvio Berlusconi ha steso poche ore prima di morire come testamento spirituale e politico. La prefazione del libro è di Marina Berlusconi, presente quel giorno nella stanza dell'ospedale San Raffaele di Milano. «Era al suo secondo ricovero racconta la figlia - doveva essere una breve permanenza, il tempo di fare alcune terapie, nuovi esami e poi a casa. Sapevo, sapevamo che la sua salute era molto compromessa, non immaginavo, nessuno immaginava, che la fine fosse così vicina. Gli avevo fatto visita la sera precedente, venerdì 9 giugno. Era stata una serata molto dolce e affettuosa, l'avevo visto bene, la speranza che il male gli concedesse ancora un po' di tempo si era riaccesa. Tornai il giorno dopo, trovai purtroppo un altro uomo, molto affaticato, cupo, sofferente. Per me fu un colpo tremendo, anche se mi imposi, come facevo da tempo, di mantenere il sorriso».

Marina ricorda: «Si fece accompagnare dalla poltrona al tavolo, chiese carta e penna, chinò il capo e cominciò a scrivere, evidentemente aveva già riflettuto durante la notte, come sempre, su quello che voleva dire. Mi sedetti vicino a lui e lo guardai lavorare. A un certo punto si fermò, alzò lo sguardo, lo fissò nei miei occhi e disse qualcosa che mi porterò dentro fino al mio ultimo istante: «Vedi, Marina, la vita è così: vieni, fai fai fai... E poi te ne vai». Non so come riuscii a non scoppiare a piangere, in quei giorni avevo promesso a me stessa che mai l'avrei fatto davanti a lui, ma qualche lacrima, mentre mi sforzavo di fingermi stupita e di trovare qualche parola per rassicurarlo, scese ugualmente». La figlia mette a nudo i suoi sentimenti: «Lui capì. Mi guardò con un sorriso dolcissimo, mi prese la mano e la accarezzò lentamente. Poi riprese a scrivere, mentre io cercavo di resistere alla commozione e pensavo che ancora una volta, anche nel momento in cui, ormai lo capivo sempre più chiaramente, si apprestava a congedarsi dal mondo, era lui a consolare me. Lo aveva fatto in tutti i momenti più difficili della sua vita e purtroppo in questi anni ce n'erano stati tanti quando, di fronte al mio turbamento e al mio dolore, era stato proprio lui a infondermi forza. Finì la prima pagina, me la passò, lessi. E mi cascò il mondo addosso». Prosegue Marina: «Mi resi conto che quello che stava scrivendo era il suo lascito ideale, il suo testamento, la sin tesi delle convinzioni e dei valori che lo avevano sempre accompagnato. Sapevo che la fine era vicina, ma rendermi conto parola dopo parola che ne era pienamente consapevole anche lui mi costrinse ad alzarmi e ad allontanarmi per qualche secondo, per riuscire a controllare la tempesta devastante dei miei sentimenti. Lui continuò a scrivere, e quando ebbe finito chiese di essere riaccompagnato a letto. Io restai lì impietrita, facendo finta di non aver compreso quello che entrambi avevamo compreso benissimo. Quel che avvenne nelle ore successive è inutile ricordarlo... Mio padre non ha mai fatto nulla per nascondere con falsi pudori le sue fragilità e le sue sofferenze. Fanno parte della vita di ogni essere umano, e lui non aveva nessuna pretesa di essere diverso dagli altri, anzi. Se l'avesse avuta, non avrebbe registrato quei video dalla sua camera del San Raffaele che credo abbiano colpito tutti per la forza di volontà, il coraggio ma anche per la palese sofferenza che provava. E lo scritto che compare in quelle pagine, la sua grafia più incerta, il periodare meno fluido, le tante correzioni, credo documentino in modo fin troppo evidente tutto questo. La fragilità dell'uomo ma, assieme, la grandezza di Silvio Berlusconi. Perché solo un uomo grande come lui, a poche ore dalla morte, dilaniato dal male che se lo stava portando via, poteva ritrovare il coraggio, la forza, la determinazione per ribadire ancora una volta, sapendo che sarebbe stata l'ultima, l'attaccamento a tutto quello per cui si è sempre battuto...».

E infine: «Oggi credo saprei trovare le parole giuste per replicare a quanto mio padre mi disse quel terribile pomeriggio di giugno nella camera del San Raffaele: Vedi, Marina, la vita è così: vieni, fai fai fai... E poi te ne vai.

Io gli risponderei: Papà, tu come tutti gli uomini potrai anche andare, ma non se ne andrà mai quello che hai fatto, non se ne andranno mai gli ideali per i quali ti sei battuto. Resteranno qui con noi, a guidare il nostro cammino e il cammino di chi verrà dopo di noi, per ché è di questi ideali che si nutrono gli uomini e le donne di buona volontà».

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