«Venduto, buffone» Gli operai in piazza smontano Landini

Stavolta è toccato al segretario della Fiom beccarsi le contestazioni dell'Ast di Terni. Il sindacalista sminuisce: «Non ci eravamo capiti»

C'è mancato poco che a Maurizio Landini toccasse chiedere la protezione delle forze dell'ordine, le stesse che la settimana lo avevano, a suo dire, aggredito. Stesso luogo (l'ingresso del ministero delle Attività produttive a Roma) identici i protagonisti (il leader delle tute blu della Cgil e i dipendenti della Ast), completamente diverso lo scenario. Questa volta è toccato al segretario della Fiom beccarsi le contestazioni degli operai delle Acciaierie di Terni, insulti impensabili per il segretario di un'organizzazione che sta sempre dalla parte di chi protesta. Una raffica di «venduti» e «buffoni», incredibile anche perché, per una volta, il leader della principale federazione metalmeccanica è stato accomunato agli altri sindacalisti, quelli che sono abituati a fare gli accordi e quindi anche a prendersi gli insulti, compresi quelli della Fiom.

Tutto inizia con urla e contestazioni pesanti dopo un incontro al dicastero tra l'azienda e le organizzazioni dei lavoratori sullo stabilimento ternano che rischia la chiusura. In realtà, non era andato male. Le trattative sono appena iniziate e si profila un accordo che, a detta degli insider , avrà più luci che ombre. La novità è che la Fiom questa volta sembrerebbe intenzionata a firmare. Esce il primo sindacalista a leggere il comunicato, ma è sommerso dalle urla quando accenna alle concessioni dei sindacati. E cioè che le organizzazioni dei lavoratori «sospendono lo sciopero». Non fa in tempo a finire la frase.

Prende la parola Landini. Si vede che vuole metterci la faccia, non si vuole nascondere. Ma una reazione così non se l'aspetta. «Vi chiedo un minuto di silenzio, poi dite quello che volete», prova a dire per placare gli animi. Niente. Nessun effetto se non quello di irritare ancora di più l'ala dura, facendola litigare con quelli che invece vorrebbero ascoltarlo.

Per rimettere la vicenda nei binari consueti, il sindacalista più presente in televisione, gioca la carta della lotta continua e smentisce il collega: «Voglio precisare una cosa, lo sciopero rimane va avanti, questo deve essere chiaro». Ma nemmeno così ottiene effetti. «L'azienda voleva la fine dello sciopero, ma noi non glielo abbiamo permesso», aggiunge. Le proteste continuano. «Guarda che non vince chi urla più forte eh», sbotta un Landini in versione più televisiva che di piazza.

I circa 350 operai ternani sanno già tutto, compresa l'ala dura che ha già letto il comunicato, sa quali sono le basi della trattativa e semplicemente vuole respingere ogni tentativo di intesa. Come faceva la Fiom degli anni d'oro. Eppure le basi di partenza sono buone, spiega un insider . Alla fine ci sono ottime probabilità che entrambi gli altiforni delle acciaierie rimangano accesi, che gli arretrati vengano tutti pagati e anche sugli esuberi si profila una soluzione soft, fatto più di incentivi (si parla di buonuscite fino a 100mila euro) che di licenziamenti.

A una parte dei lavoratori importa lo sciopero. E Landini, dopo la dose di fischi, li accontenta. «I fischi? Una parte di operai non aveva capito che entreranno al lavoro solo 150 lavoratori domani. Ora ci siamo chiariti».

Persino l'azienda sembra non volere esacerbare gli animi, quando giudica l'inizio della trattativa come un buon segnale esprimendo «rammarico perché le attività produttive restano in sciopero», anche di fronte «alla disponibilità a pagare subito gli stipendi e alle rassicurazioni sul piano industriale». La parte più difficile tocca proprio a Landini. Primo leader sindacale della Fiom dagli anni Novanta, che vorrebbe chiudere qualche accordo, ma che si ritrova spesso con una base che vorrebbe più scioperi e meno accordi.

Ai predecessori, Sabattini e Landini succedeva il contrario.

Avevano sposato una linea antagonista e quindi non firmavano quasi mai le intese, né con le aziende, né con il governo, lasciando a Uilm e Fim Cisl il compito di chiudere gli accordi. Per questo hanno perso pezzi e messo a dura prova gli iscritti e i simpatizzanti. Ma la loro linea è entrata nel Dna di parte del mondo del lavoro, purtroppo per Landini.

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