Putin fa l'"indiano", Macron il "cinese" e sul tavolo c'è sempre la guerra in Ucraina. Lo Zar è arrivato ieri pomeriggio per una visita di due giorni a New Delhi, la prima dopo l'invasione nel cuore dell'Europa, accolto in aeroporto dal premier, Narendra Modi, come un vecchio amico. Nelle stesse ore il presidente francese, Emmanuel Macron, incontrava a Pechino, Xi Jinping, il nuovo Mao. Cina e India non si sono mai amati, ma nel rivolgimento del mondo i due colossi asiatici vengono entrambi corteggiati per la pacificazione in Ucraina.
Putin è arrivato in India per evitare il più possibile i tagli all'acquisto di greggio russo imposto dalle minacce di Washington, che hanno imposto dazi del 25% su prodotti indiani. Modi ne approfitterà per riequilibrare la bilancia commerciale fra i due Paesi che vale 68,7 miliardi di dollari, ma lo scorso anno 63 riguardavano le importazioni russe, in gran parte di petrolio. L'India esportava meno di 5 miliardi. L'obiettivo è portare gli scambi a 100 miliardi nel 2030, ma aumentando sensibilmente l'esportazione in Russia di beni indiani.
E non è un caso che il giorno prima dell'arrivo di Putin sia arrivato a Delhi il ministro della Difesa russo, Andrei Belusov, che si è visto con il suo omologo Rajnath Singh. Sul piatto ci sono le forniture di altre due batterie di missili terra aria S-400, dopo averne ricevute tre per 5,4 miliardi di dollari. L'India, fin dai tempi dell'Unione Sovietica aveva un arsenale in gran parte russo, ma negli ultimi anni ha ridotto la dipendenza da Mosca. Putin, a sua volta, vorrebbe piazzare il suo nuovo caccia invisibile Su-57, ma Delhi sta guardano anche in Occidente.
Poche ore prima della visita di due giorni lo Zar ha fatto sapere che non gli interessa più tanto rientrare nel G8. Un messaggio chiaro a Modi, asse portante del Brics, l'alternativa economica mondiale al dollaro. Gli ambasciatori di Francia, Germania e Regno Unito hanno scritto al premier, al suo terzo mandato, per chiedere con forza di ammorbidire lo Zar sulle trattative in Ucraina. Osservatori indiani nel Donbass sono un'opzione possibile. L'Italia non ha agito in maniera plateale, ma l'asse Modi-Meloni è forte. I rapporti bilaterali riguardano anche settori delicati come la Difesa, dove l'India ha annunciato di voler investire 200 miliardi nei prossimi anni e l'intelligence. Il progetto strategico è la via del cotone, alternativa a quella cinese della seta, che potrebbe incrementare del 40% il commercio fra India ed Europa.
A Pechino il presidente francese cerca sponde per l'Ucraina e Xi continua a dire che "sostiene tutti gli sforzi favorevoli alla pace". Parigi e una parte dell'Europa vorrebbero che la Cina si facesse garante del cessate il fuoco, ma rimangono aperte le crescenti tensioni commerciali con il vecchio continente per l'"invasione" di prodotti cinesi e i cospicui investimenti in settori strategici. Macron ha detto senza peli sulla lingua: "Siamo di fronte al rischio di disintegrazione dell'ordine internazionale, che ha portato la pace nel mondo per decenni".
Il nuovo Mao ha colto al balzo l'occasione lanciando l'esca di "legami più stabili" per "escludere ogni interferenza", leggi Stati Uniti e "innalzare la bandiera del multilateralismo". La posta in gioco da Delhi a Pechino, che passa per l'Ucraina, è ben più ambita: spostare il baricentro dell'asse geopolitico ed economico mondiale da Ovest a Est.