da Roma
Il ponte di Messina? «Non rappresenta una priorità per lo sviluppo economico del Mezzogiorno», annuncia Piero Fassino.
Il segretario della Quercia inserisce la sua autorevole voce nel dibattito che si è acceso appena nato il nuovo governo attorno alla più celebre delle Grandi Opere in fieri. Secondo Fassino, che si trovava a Crotone per una manifestazione, «altre priorità premono». Quali? «Penso allammodernamento di tutta la rete ferroviaria; penso ad un forte investimento sulla portualità, penso ad una politica che sfrutti la navigazione del mare». Pensa molte cose, «ed è a partire da queste che bisogna mettere in campo un grande piano di investimenti pubblici per le infrastrutture del Sud».
Lo stretto di Messina (con o senza ponte) divide Sicilia e Calabria, ma anche governo e centrosinistra. Fassino si schiera contro, anche se con qualche cautela in più rispetto al neoministro dei Trasporti Alessandro Bianchi (quota Pdci). Che prima ancora di giurare ha scatenato una bufera liquidando come «dannosa e inutile» lopera. Ieri Bianchi è tornato alla carica, spiegando che resta della sua opinione e che bisogna sostituire il progetto del ponte con «uno schema flessibile multinodale con più punti di contatto: Gioia Tauro, Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Saline sul versante calabrese, Milazzo, Messina, Riposto e Catania su quello siciliano». Come? Mediante ferryboat. Le idee del ministro irritano subito un collega di governo: Tonino Di Pietro (al cui dicastero delle Infrastrutture è stata fantasiosamente tolta la competenza sui Trasporti per dare un portafoglio al Pdci) lo bacchetta: «Spiegheremo a Bianchi - dice - che è bene che tutti i ministri si confrontino in Consiglio e in Parlamento. In queste sedi si valuta e si decide, non nella buvette». Come dire non al bar. E a chi gli fa notare che lo «spacchettamento» del ministero in Infrastrutture e Trasporti, potrebbe creare appunto equivoci come in questo caso, replica: «Con la buona volontà tutti i problemi possono essere risolti. Si tratta di individuare chi fa cosa. Il filo conduttore è, e non potrà che essere perché così è stato deciso nellambito del Consiglio dei ministri, che il ministro delle Infrastrutture si occuperà di costruire e quello dei Trasporti dei movimenti». Giù le mani dal ponte, insomma: di quello si occupa Di Pietro.
Nel frattempo, Bianchi era a Riva del Garda a discettare di Tav. «Non ne so molto», ammette, assicurando di essersi messo a studiare la pratica (sua o di Di Pietro?). Però «non si può rinunciare a cuor leggero a far parte di una rete infrastrutturale europea». Anche se «è chiaro che le grandi opere bisogna farle con il massimo di attenzione per la compatibilità sociale e ambientale. Quindi bisogna scavare nel progetto per verificare se assicura queste due compatibilità. Se non le assicura - ha concluso - occorre modificarlo».
Lunedì è stato fissato un vertice presso il ministero delle Infrastrutture con le banche che hanno finanziato il progetto per esaminare le oltre 50mila pagine del contratto e valutare risarcimenti, penali e costi sostenuti dal consorzio di imprese che si sono aggiudicate lappalto..
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