Pier Paolo Pasolini nel suo studio, a Sabaudia. In giro per Roma, alla guida della sua mitica Alfa 2000. Pasolini nel «rifugio» a Torre di Chia, vicino a Viterbo, in una casa immersa nella vegetazione mediterranea dove l'intellettuale scrive, disegna e si mette - letteralmente - a nudo. Sono scatti straordinari, e li ha firmati Dino Pedriali, allora venticinquenne. Attenzione alle date: le foto sono state fatte durante la seconda e la terza settimana di ottobre del 1975. Nella notte tra l'1 e il 2 novembre il poeta fu trovato morto sul litorale di Ostia. In quelle due settimane Pasolini commissionò al suo giovane amante un reportage intenso che, stando alle intenzioni dello scrittore, avrebbe dovuto illustrare «Petrolio», il romanzo cui stava lavorando (poi pubblicato postumo). Da oggi la Triennale di Milano, in collaborazione con Johan&Levi editore, espone queste foto davanti agli occhi di tutti. La mostra «Pier Paolo Pasolini. Fotografie di Dino Pedriali» (fino al 28 agosto) raccoglie settantotto scatti in bianco e nero sulla quotidianità di Pasolini, ripreso mentre scrive con la sua Olivetti 22 (forse proprio qualche pagina di «Petrolio»), mentre guarda l'obbiettivo con i capelli scompigliati dal vento, mentre legge, mentre dipinge. E, soprattutto, mentre è nudo. In questa «consegna del corpo alla fotografia» emerge tutta la grandezza di Pedriali che, giovanissimo e sentimentalmente coinvolto, seppe catturare una sequenza dall'alto valore simbolico: è quella con Pasolini che si muove senza veli per casa, che poi si affaccia alla finestra, cercando quasi con stupore, in un gioco di sguardi con l'obbiettivo nascosto del fotografo, Dino Pedriali. I due si erano accordati per scegliere gli scatti migliori del servizio il 2 novembre del '75: sappiamo che Pasolini non ebbe più la possibilità di vederli. Che ne fu di tutti quegli scatti, segno di un fortissimo legame tra il giovane fotografo e l'intellettuale scomparso? L'allora sindaco di Roma Giulio Carlo Argan le usò per organizzare una mostra, altri scatti furono pubblicati («i giornali se ne appropriarono invocando il diritto di cronaca», racconta Pedriali). Si deve alla costanza di Giovanna Forlanelli, editore di Johan&Levi, la pubblicazione, per la prima volta in un volume, di questo reportage che nelle intenzioni di Pasolini doveva servire a illustrare il suo romanzo più discusso e che invece, beffardamente, vale ora come suo testamento artistico. Di questo ha parlato, ieri in Triennale, Dino Pedriali: «Sono l'unico custode del corpo del poeta», ha detto in un momento di estrema commozione, inveendo contro la politica («che non ha mai amato Pasolini») e contro un articolo di Walter Veltroni uscito sull' «Espresso» lo scorso febbraio («Tutti gli anni si parla di Pasolini e immancabilmente spunta fuori la tesi del complotto politico»). Poi si è tolto le vesti, rimanendo nudo davanti agli scatti, nudi, di Pier Paolo Pasolini, sotto lo sguardo di giornalisti e addetti al museo.
In mano un coltello in una provocazione disperata, come la domanda contenuta nella sua introduzione al volume che accompagna la mostra: «Ero l'unico che aveva il corpo del poeta intatto. La cultura si è nutrita almeno del suo pensiero?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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