Ieri mattina gli investigatori della squadra mobile sono andati a prenderlo nella sua abitazione milanese di via Millelire, in zona San Siro, gli hanno messo le manette e lo hanno portato a San Vittore. Nessuna reazione, nessun tentativo di fuga, una sorta di rassegnata accettazione di eventi inevitabili. Graziano Bianchi, 51 anni, era nel mirino degli investigatori da un pezzo, lo sapeva bene e, probabilmente, non si è mai fatto illusioni di passarla liscia. È accusato infatti di aver favorito la latitanza di Gaetano "Tanino" Fidanzati - uno dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia e arrestato lo scorso 5 dicembre all’età di 74 anni in via Marghera a Milano - mettendogli a disposizione il suo villino di Parre (Bergamo) che il superboss mafioso già qualche mese prima della cattura (stando ai cosiddetti "fatti") ma presumibilmente da molto prima (stando a fondate supposizioni), usava come nascondiglio durante la sua latitanza nel nord Italia. Insomma: Bianchi sapeva benissimo che l’inquilino della sua abitazione non era un tipo qualunque. Anzi: secondo le accuse mossegli dal pm Paolo Storari e poi accolte dal gip Enrico Manzi e che hanno quindi portato all’emissione del provvedimento di custodia cautelare a suo carico, Bianchi, nonostante l’assenza di un vero e proprio contratto di locazione, ha ammesso di aver ricevuto "soldi" da Fidanzati in cambio del suo soggiorno lì. Inoltre, da riscontri tecnici e dalla testimonianza di diversi residenti di Parre, si è raggiunta la certezza che Bianchi abbia continuato a frequentare l’abitazione contemporaneamente alla permanenza di Fidanzati. Il villino di via Libertà 6 - uno chalet nascosto dietro gli alberi che sovrastano la provinciale di Ponte Selva e l'abitato di Parre, sulle pendici dei monti Trevasco e Alino - è infatti formalmente di proprietà dei genitori di Bianchi, ma risulta nella sua totale disponibilità.
Gaetano Bianchi, però, non è noto solo per essere "quello che ha dato la casa a Fidanzati". All’inizio degli anni Ottanta – quando aveva 23 anni – era stato infatti arrestato per associazione sovversiva e partecipazione a banda armata. Studente in giurisprudenza, era militante dei "Comunisti organizzati per la liberazione proletaria", più noti come Colp, gruppo guidato da Giulia Borelli e nato da una costola di Prima Linea. Ex terrorista, Bianchi è l'autore, nel settembre 1982, dell'attentato alla sede della Comunità israelitica di Milano.
Quella di Bianchi è una famiglia di tradizione partigiana e Graziano ha anche avuto un ruolo nella fondazione dei "Boys san", il gruppo storico della curva interista. Già negli anni Settanta era stato arrestato per porto abusivo d'arma. Entrato nel giro dei locali notturni milanesi negli anni Novanta fonda una società di eventi con l'amico Franco Caravita, oggi leader della curva interista. Sembra sia stato proprio in quel periodo e in quell'ambiente che Graziano Bianchi è entrato in contatto con il clan Fidanzati, conoscendo il figlio del boss Tanino, Guglielmo.
La notte di Natale del 1995 Bianchi viene di nuovo arrestato: le accuse sono lo spaccio di soldi falsi e usura.
Più recentemente nel processo alle nuove Brigate rosse, emerge che Bruno Ghilardi, ex militante del Colp condannato a 11 anni, avrebbe incontrato proprio Guglielmo, il figlio di Gaetano Fidanzati. Un intreccio tra mafia e terrorismo dai contorni ancora da chiarire.
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