Marco Maroni
Milano - La crisi c’è, ma in Italia la situazione del credito è buona, le sofferenze sui mutui basse, le banche solide. Non è né ottimista né pessimista Giuseppe Zadra, direttore generale dell’Associazione bancaria Italia, piuttosto cerca di descrivere i mercati e l’andamento economico, dati alla mano, con realismo. Il Giornale lo ha incontrato a Gubbio a un seminario dell’Abi. La caduta delle Borse sta contagiando l’economia reale e ci sono anche nuovi rischi all’orizzonte: «Il problema - ha detto - è che il valore delle securitisation di carte di credito in America è 10 volte il volume di quelle dei mutui. Se le insolvenze crescessero tanto da innescare una reazione a catena, potrebbe esserci una nuova grossa crisi». La responsabilità dell’attuale tempesta finanziaria, Zadra la imputa alla scarsa regolamentazione dei mercati americani, ma è soprattutto sulla situazione italiana che il direttore generale dell’Abi tiene a far chiarezza. E quel che ne emerge è un quadro in cui i tassi d’insolvenza sui prestiti sono stabili, attorno allo 0,8% da tre anni, e i mutuatari in difficoltà sono l’1% del totale. Da maggio a oggi circa 135mila famiglie hanno però scelto di rinegoziare il proprio mutuo a tasso variabile. Inoltre, le banche non hanno diminuito il credito alle imprese; semmai si registra una maggiore prudenza, sia da parte delle banche, sia da parte delle imprese, che rimandano le scelte d’investimento.
Sembra che per l’Abi il credit crunch non esista. È così?
«Lo dicono i dati. Il volume dei prestiti alle imprese non finanziarie continua a crescere. Bisogna rendersi conto che i problemi internazionali del credito non hanno avuto per ora un grande impatto sull’Italia. Così come non c’è stata la bolla dei mutui. È vero che l’industria finanziaria è globale, ma quello che è successo negli Stati Uniti non ha coinvolto l’Italia se non per quanto riguarda le Borse».
La crisi finanziaria però sta contagiando l’economia reale, non c’è il rischio che le insolvenze aumentino?
«Sicuramente ci sarà un impatto a livello europeo anche sui tassi d’insolvenza. Ma il sistema bancario italiano è attrezzato meglio di altri, proprio perché ha partecipato meno a quei servizi finanziari d’investimento, poco regolamentati, che hanno causato i maggiori problemi altrove».
Forse non c’è il credit crunch, ma i tassi raggiunti dall’Euribor nelle settimane scorse sembrano dimostrare che per lo meno le banche hanno difficoltà a prestarsi soldi tra loro.
«È vero per l’interbancario europeo, ma l’interbancario italiano ha gli stessi volumi pre-crisi, circa 10 miliardi al giorno».
L’amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, qualche giorno fa ha dichiarato che ora le banche dovrebbero partecipare di più al capitale delle imprese.
«In Italia le banche entrano nelle imprese per risolvere dei problemi di crisi. È un’attività tradizionale delle banche quella di aiutare i clienti quando sono in difficoltà, semplicemente perché un cliente in crisi non è un buon cliente».
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