da Roma
Aveva promesso che non sarebbe mai sceso in politica e ora si candida con la Quercia. «Ecco dove sta la coerenza della sinistra», commenta il ministro della Giustizia Roberto Castelli di fronte alla scelta del magistrato Gerardo DAmbrosio. Il ministro, purtroppo per il magistrato, ha una memoria di ferro.
«Ricordo - dice Castelli - che il 29 novembre 2002 lormai ex Procuratore della Repubblica di Milano D'Ambrosio, a chi gli chiedeva di una sua eventuale candidatura politica, dichiarò: non mi darò alla politica, voglio solo continuare a perseguire il fine di una giustizia giusta».
La discesa nellagone politico di DAmbrosio non piace al centrodestra ma anche a buona parte del centrosinistra. La sua candidatura però potrebbe tornare in forse per motivi non politici ma legislativi se fosse approvato il provvedimento che si trova a Palazzo Madama sullineleggibilità e incompatibilità dei magistrati. Il testo, già licenziato dalla Camera, è alle ultime battute in Senato.
La norma messa punto da Forza Italia prevede che non sia eleggibile il magistrato candidato nel distretto di Corte dAppello nel quale ha esercitato nei quattro anni precedenti. E lex Pm è per lappunto andato in pensione alla fine novembre 2002, cioè tre anni e due mesi fa. Dunque al 9 aprile, data delle elezioni, non avrebbe ancora maturato i quattro anni previsti dalla legge. Dunque DAmbrosio potrebbe non essere eleggibile a Milano o addirittura nellintera Lombardia visto che il magistrato è candidato per il Senato. Il testo è stato approvato alla Camera il 4 maggio 2005, prima che ricevesse il via libera la nuova legge elettorale proporzionale.
Contro la scesa in campo del magistrato di Mani pulite anche un altro ministro leghista, Roberto Calderoli. «Non ha senso che persone che devono dimostrarsi super partes poi decidano di scendere in politica schierandosi», dice Calderoli.
Sullopportunità di questa candidatura nutre molte perplessità anche il presidente della Camera, Pierferdinando Casini. «Su DAmbrosio non do giudizi - dice laconico Casini -. Ho espresso una valutazione di inopportunità della sua candidatura».
Più articolato il giudizio del vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto: «Il fatto che dopo Di Pietro venga candidato nel centrosinistra un altro esponente del pool di Mani pulite costituisce una conferma del fatto che dal 1992 in Italia c'è stato un organico uso politico della giustizia fondato sulla connessione fra un settore della magistratura e i Ds - osserva Cicchitto -. Questa connessione ha portato prima alla distruzione per via giudiziaria della Dc e del Psi, poi all'attacco frontale contro Berlusconi iniziato sin dal 1994 e durato fino ad oggi». Cicchitto a questo punto giudica «insostenibile» lalleanza con il centrosinistra per Bobo Craxi ed Enrico Boselli. «Il posto dei socialisti - conclude Cicchitto - non può essere certo con questa sinistra giustizialista e con coloro che a suo tempo aggredirono Bettino Craxi sul piano politico e giudiziario usando due pesi e due misure».
Il segretario della Democrazia cristiana, Gianfranco Rotondi, invita la Quercia ad ammettere «di aver commesso un errore di opportunità politica con la candidatura di D'Ambrosio». In questo modo, osserva Rotondi, «visti i mugugni che questa candidatura sta suscitando nel centro-sinistra, la Quercia si rivela, per paradosso, il miglior alleato di Berlusconi».
Contrario «a che i magistrati passino dalla giustizia alla politica» si dichiara pure lex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che racconta di aver conosciuto personalmente DAmbrosio.
«DAmbrosio partecipa della concezione giacobino-leninista della giustizia, per una giustizia etica - spiega Cossiga -. E non come per me liberale all'anglosassone per una giustizia laica».
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