Milano - Benzinai sul piede di guerra contro la liberalizzazione delle pompe prevista dal nuovo pacchetto Bersani. Figisc-Anisa Confcommercio, Fegica-Cisl e Faib-Aisa Confesercenti insistono per il ritiro del provvedimento e confermano lo sciopero nazionale di 48 ore. In pratica i distributori di carburante resteranno chiusi dalle 19 di domani alle 7 di venerdì sul tutta la rete stradale, mentre su quella autostradale la serrata avrà inizio alle 22 di domani e si concluderà alle 22 di giovedì 8 febbraio. In Sicilia gli impianti chiuderanno con 24 ore di anticipo, a partire dalle 19 di oggi. E se per gli automobilisti si preannuncia una settimana di difficolta, tra governo e gestori si va verso il muro contro muro. Da un lato i sindacati pronti «all’ultima battaglia» contro un disegno di legge che, a loro avviso, potrebbe aprire la strada all’ingresso massiccio degli ipermercati nella vendita dei carburanti; dall'altro il governo che non intende fare marcia indietro.
Se l’estate scorsa il governo se l’è dovuta vedere innanzitutto con i tassisti, stavolta, emanata la seconda ondata di misure, sono proprio i gestori a scendere sul piede di guerra contro il ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani. La conseguenza del braccio di ferro innescato dalla decisione di liberalizzare il settore è che, da domani sera, i gestori incroceranno le braccia e per oltre 48 ore e i distributori rimarranno chiusi.
A scatenare la polemica è stato il disegno di legge sulle liberalizzazioni approvato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio scorso. Nel ddl, infatti, è prevista la scomparsa dei vincoli di distanza minima per i distributori di carburante e sono ritenuti inammissibili «parametri numerici prestabiliti» per l’apertura di un punto vendita. Un testo dietro il quale i benzinai vedono nascondersi benefici soprattutto per la grande distribuzione.
«Bersani deve dire la verità - afferma Roberto Di Vincenzo, segretario nazionale della Fegica Cisl -: se lo scopo è quello di avvantaggiare solo la grande distribuzione lo dica chiaramente e smetta di girarci intorno. Lui parla allo stomaco degli italiani più che al cervello. Dice che i prezzi caleranno, ma sono bubbole». Il settore, sostiene ancora Di Vincenzo, è già liberalizzato dal 2000 e chiunque oggi può aprire un distributore. Piuttosto se c’è qualcosa ancora da liberalizzare è a monte, visto che il prezzo pagato per un litro di benzina da un singolo gestore è molto più alto di quello pagato dalla distribuzione organizzata.
«Oggi - aggiunge il sindacalista - non siamo in condizione di fare concorrenza. Bisognerebbe creare le stesse condizioni tra i soggetti che intervengono sullo stesso settore di mercato. E poi, non dimentichiamo che lo Stato ha non solo la golden share, ma anche una quota del 30% di Eni: come azionista potrebbe abbassare i prezzi».
Per Luca Squeri, presidente di Figisc-Anisa Confcommercio, la protesta «è confermata» anche perché il ministro Bersani, «non ha cambiato la sue posizioni. Si è lavato le mani dando la parola al Parlamento e ora per noi tutto si fa più difficile». Per i gestori, evidenzia Squeri, «si tratta di una battaglia importantissima» anche perché il disegno di legge «mette in discussione il modello in vigore dal 1998 ad oggi togliendo le competenze che erano delle regioni».
Dopo aver rimandato al mittente l’invito di Bersani a un incontro, i gestori, pressati anche da Antitrust e associazioni dei consumatori, vanno dunque dritti per la loro strada, confermando il primo di quella che dovrebbe essere una serie di stop e vedendo come unico spiraglio la mediazione della presidenza del Consiglio.
Intanto sulla rete arriva il primo adeguamento al rimbalzo dei prezzi del petrolio, tornati sui 58-59 dollari al barile.
Nel fine settimana la Erg ha infatti ritoccato i prezzi del diesel (da 1,098 a 1,100 euro al litro) e soprattutto della benzina (da 1,206 a 1,215), di fatto adeguandosi al livello medio di prezzo fatto già pagare dalle altre compagnie.
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