Protezione non signica proibizione

Caro Direttore, le scrivo perché apprezzo il Giornale di Bordo che, unico giornale non di settore, fortunatamente dedica qualche pagina a questo argomento. Ma io voglio sottolineare l’incongruenza che si viene a creare (un po’ come per l’auto) tra la promozione e l’uso del mezzo che poi se ne può fare.

Ci facciamo la bocca larga dicendo che la nautica di qualità è un fiore all’occhiello del made in Italy che tutti ci invidiano, facciamo promozioni per «la nautica popolare». Poi mancano posti barca, la richiesta è elevata e quindi giù “megamarine” a tutto spiano perché portano business e posti di lavoro. Promuoviamo saloni e fiere. Vado per mare (da diportista) ormai da 50 anni, frequento la Liguria e vedo che la domenica è praticamente quasi impossibile navigare causa affollamento che a volte costringe a fare la coda per il rientro in porto. Dove spesso devi implorare un posto, che non trovi, per trascorrere la notte. E se lo trovi, pur con un’imbarcazione di medie dimensioni, lo paghi come una suite di un 5 stelle.

Insomma, siamo arrivati a ciò che ci si prefiggeva: tutti che navigano, competenti e non, con buona pace della solitudine e di quel senso di libertà che la barca ha sempre rappresentato e oramai purtroppo perso. Navigare diventa una sorta di puzzle cartografico dove se ti capita di sgarrare solo per errore ti becchi sanzioni e verbaloni che ti levano il pelo. Ma non deve essere così! Abbiamo isole che non esistono e che nessuno vedrà mai perché non ci si può andare.

E’ ben vero che l’educazione civica in questo Paese è materia sconosciuta, ma questo non giustifica tutti i divieti imposti al turismo. È vero che siamo in tanti, ma in Francia si sono organizzati meglio. Mentre noi proteggiamo le nostre coste. Ma per favore… Grazie dell’ospitalità.
Maura Cirielli

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