Quando si respira con difficoltà si rischia una grave invalidità

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una patologia che deve preoccupare: perché riduce la funzionalità respiratoria, provoca continui accessi di tosse con espettorato, impedisce ogni sforzo, insomma perché rende pessima la qualità della vita. La sua diffusione è in continuo aumento. In Italia ne soffrono tre milioni e mezzo di persone, quasi tutte dai 50 anni in su. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, la BPCO diventerà tra pochi anni la terza causa di morte dopo la cardiopatia e i tumori maligni.
Si tratta, purtroppo, di una malattia quasi sempre sottovalutata. Il bronchitico si rivolge al medico quando comincia a mancargli il respiro, di giorno e di notte. A quel punto, è già un malato cronico, che corre verso l'invalidità. Tra i fattori di rischio c'è, in quaranta casi su cento, il fumo di sigaretta. Nei restanti sessanta l'esposizione a polveri e agenti chimici irritanti, l'inquinamento ambientale, la predisposizione genetica. La diagnosi precoce è molto importante perché evita tutte le complicazioni di uno stadio avanzato della malattia, che ha comunque un alto tasso di mortalità: dal 20 al 30 per cento. La spirometria - misura l’ostruzione del flusso aereo - è fondamentale per stabilire se il danno è lieve, modesto o grave. Gli specialisti sostengono che questo test può avere anche valore predittivo e consigliano di eseguirlo periodicamente, dopo i quarant'anni. Una ricerca condotta dall'Eurisko su un campione di 1170 soggetti di entrambi i sessi ha dimostrato che il 7% degli intervistati era affetto da BPCO e non aveva mai chiesto un controllo.
Il professor Francesco Blasi, cattedratico di malattie respiratorie nell'università di Milano, è convinto che ci siano terapie efficaci per contrastare l'avanzata della malattia. L'arma vincente è la broncodilatazione (ormai praticata in tutto il mondo), che permette di ridurre la difficoltà respiratoria e le riacutizzazioni. In questo contesto, dice, i risultati migliori arrivano dall'indacaterolo, la cui molecola riesce - dopo soltanto cinque minuti - a migliorare la respirazione in modo clinicamente significativo. Inoltre, rispetto ai broncodilatatori della stessa classe, indacaterolo mantiene la sua efficacia per un tempo più lungo: 24 ore.

Questo nuovo farmaco, spiega ancora il professor Blasi, «permette al paziente di vivere una vita più attiva». Anche il professor Andrea Rossi, dell'Università di Verona, sostiene che indacaterolo segna una svolta fondamentale nella terapia della BPCO.

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