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Quando il viceministro gridava al complotto

Quando il viceministro gridava al complotto

Gianmarco Chiocci e Gianluigi Nuzzi
Dalla lettera secondo Vincenzo Visco al procuratore capo di Milano, Manlio Minale. «Poco prima dell’estate il presidente Prodi mi chiese se era possibile per estranei (hackers ecc) introdursi nel sistema dell’anagrafe tributaria. Risposi che era da escludere ma che non era invece da escludere che i dipendenti del ministero (civili e militari) potessero aver effettuato interrogazioni non coerenti con il rispetto delle regole e procedure interne. In conseguenza il presidente Prodi mi chiese di far effettuare una verifica presso l’anagrafe tributaria su eventuali interrogazioni su di lui e i suoi familiari effettuate nel periodo compreso tra il suo ritorno in Italia e l’assunzione della leadership dell’Ulivo, e la recente campagna elettorale...».

La missiva del viceministro dell’Economia datata 27 settembre 2006 lasciava presagire foschi scenari a causa di incursioni informatiche finalizzate certamente a conoscere i segreti finanziari e patrimoniali del premier. Lo scandalo Sismi-Telecom era in piena evoluzione, eppoi c’erano state quelle strane indiscrezioni rilanciate con orrore dal Giornale a proposito di una donazione da 870mila euro, esentasse, sfruttando una legge dell’odiato governo Berlusconi, fatta nel 2003 dai coniugi Prodi ai figli per l’acquisto di appartamenti. Insisteva dunque Visco: «In particolare lo (Prodi, ndr) avevano sorpreso le polemiche sollevate durante la campagna elettorale sulle partecipazioni detenute e su una donazione effettuata a favore dei figli che oltre a essere del tutto legittima (nessuno aveva sostenuto il contrario, ndr) chiaramente non poteva essere di dominio pubblico». Stando così le cose, prosegue Visco, «agli inizi dello scorso agosto chiesi per le vie brevi al presidente Sogei se la verifica richiesta fosse tecnicamente possibile e, avuto risposta affermativa, di procedere all’indagine che si concluse a fine agosto».

In un secondo momento, anche in previsione di un incontro con il garante della privacy, Visco chiese al suo capo di gabinetto Pinto «di richiedere informazioni all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di finanza sulle procedure di controllo seguite per evitare accessi impropri». I risultati, sottolinea Visco al procuratore Minale, «sono sorprendenti» perché i picchi delle interrogazioni al terminale coincidono con il ritorno di Prodi in Italia (novembre 2005) e aprile 2006 (campagna elettorale). «Poiché negli ultimi giorni, nel contesto delle indagini sulle intercettazioni illegali, sono apparse anche notizie relative a interrogazioni illegittime all’anagrafe tributaria, d’accordo col presidente Prodi ritengo doveroso trasmetterle il materiale allegato che forse può aver rilevanza ai fini dell’indagine».

Post scriptum: «Mentre dai dati della Sogei è possibile risalire alla persona fisica, per la Guardia di Finanza si può risalire al solo ufficio».

Che è quello di Bolzano, autorizzato espressamente dalla Procura locale - ma questo Visco ancora non lo sapeva - a digitare sulla tastiera dell’Agenzia delle Entrate il nome di un certo Romano Prodi.

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