Flavia e Riccardo passeggiano per strada tenendo per mano una bella bimba di quattro anni. E spingono una duplice carrozzina in cui dormono due gemelline: fotografia di una famiglia felice. Felice sì, ma frutto della provetta.
Fa effetto dirlo ad alta voce, ma le tre sorelline sono nate da dallo stesso prelievo di ovociti. La più grande dopo un trasferimento a fresco di embrioni e le due gemellini da ovocitii congelati, dopo un lungo percorso di fecondazione assistita. Flavia e Riccardo avevano enormi difficoltà ad avere figli e a un certo punto avevano del tutto perso le speranze. Poi si sono rivolti ai medici dell'Humanitas e la loro vita ha svoltato. Non senza difficoltà e angosce. Il primo ciclo di fecondazione in vitro è andato a vuoto e la coppia ha rischiato grosso: per ragioni religiose, nessuno dei due aveva voluto congelare embrioni e nemmeno ovociti considerandola una tecnica sperimentale e quando nel 2004 è cambiata la legge imponendo limiti sul numero di ovociti utilizzabili e proibendo il congelamento di embrioni, marito e moglie hanno dovuto fare i conti con una drastica riduzione delle possibilità di diventare genitori. Il secondo ciclo di fecondazione è cominciato con sei ovociti disponibili, non uno di più e di questi 3 sono stati congelati. Da lì è nata, con parto cesareo, una bambina sana e bellissima. Tanto che dopo due anni la coppia si è ancora affidata all'Humanitas per avere un altro figlio. Ecco arrivate le due gemelline, ottenute con la fecondazione degli ovocit crioconservatii . «Ancora oggi Riccardo mi chiama disperato perché l'ho circondato di donne» scherza Paolo Levi Setti, il medico che ha seguito la coppia regalandole una famiglia.
Questa è solo una delle storie a lieto fine che Setti, responsabile del dipartimento di ginecologia e medicina della riproduzione, ha catalogato nel suo archivio, come uno «zio» premuroso. Ce ne sono tante altre: fotografie di bambini paffuti tra le braccia di genitori che sorridono a 32 denti. Per l'esattezza i casi sono 4mila negli ultimi 15 anni. E in Italia dalle tecniche di fertilizzazione in vitro nasce il 3% dei bambini. Già, tanti sono i cosiddetti figli della provetta, della fecondazione medicalmente assistita. Che suona come qualcosa da tenere nascosto, di cui vergognarsi, ma che cambia la vita a migliaia di coppie. Sono stati 6 mila gli aspiranti genitori seguiti dall'équipe dell'Humanitas: qualcuno purtroppo non ce la fatta, ma la maggior parte oggi cambia pannolini e riscalda biberon. «Tuttavia il 90 per cento di queste coppie - spiega Setti - non racconterà mai né ai figli né a parenti ed amici stretti come è iniziata la gravidanza. Ci sono ancora moli tabù e molte remore nel farlo. Ci viene anche chiesto di non avere mai contatti con il medico di famiglia».
Eppure i bambini sono bambini come tutti gli altri. Anzi, hanno qualcosa in più: sono stati più desiderati, più voluti. I medici, in termini un po più clinici, dicono che le coppie che si rivolgono agli studi medici «hanno fatto una scelta procreativa più forte delle altre». Vero. «Solitamente le coppie arrivano da noi dopo un lungo calvario di interventi chirurgici all'utero, alle ovaie, dopo endometriosi e sfortune varie. E ci vuole molta ma molta pazienza: in media una gravidanza si sviluppa con maggiore probabilità nei primi 4 o 5 tentativi, ma ogni caso è a sé. Purtroppo molte coppie investono nel primo tentativo talmente tanta emozione, talmente tanta tensione che non sono poi più in grado di continuare e abbandonano le terapie dopo i primi insuccessi».
I problemi da affrontare non mancano: per la coppia, che deve sfoderare un'immensa forza d'animo per affrontare il percorso. E per i medici, che spesso si trovano ad assistere chi si è rivolto ai centri all'estero per fecondazioni artificiali e affini. Il che significa spesso parti plurigemellari pericolosi e difficili da gestire. E anche costi elevati per la sanità pubblica che deve «pagare le conseguenze di procedure che in Italia sono state negate per legge». Per questo, spiega Setti, «diciamo a tutti che sono liberissimi di farsi seguire nel centro che ritengono migliore, per procedure vietate in Italia, purché sia in un paese dove c'è una legge che impone delle regole e non dove vige il totale far west.
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