Francesca Amé
Il Poldi Pezzoli si rinnova ancora una volta, e lo fa all'insegna della raffinatezza e dell'eleganza. Dopo il progetto di Arnaldo Pomorodo per la sala delle Armi, il riallestimento dello studio di Gian Giacomo Poldi Pezzoli e l'inserimento di un nuovo (utile) impianto di climatizzazione, è adesso la sala degli Ori, al primo piano del museo, a vestirsi a festa. L'installazione è firmata dagli architetti Giuseppe Caruso e Agata Torricella, con la grafica di Italo Lupi, e va a sostituire quella pensata nel '51 da Ferdinando Reggiori dopo la distruzione bellica della sede originaria.
Gioielli, smalti, cesellate opere di oreficeria: è una gioia per gli occhi aggirarsi nella nuova stanza (inaugurazione questa sera alle 18.30, apertura al pubblico da domani) che ospita oltre 350 pezzi. Bisogna imparare a camminare con lo sguardo volto all'insù, ché Caruso e Torricella hanno ideato delle vetrine molto suggestive: costruite in vetro e plexiglas come prismi sovrapposti, quasi fossero dei diamanti, le quattro teche sono sospese agli angoli della sala e mostrano in maniera inedita i pezzi della collezione. Il tipo di illuminazione, diffusa morbidamente sugli oggetti, e la particolare posizione delle vetrine favoriscono una fruizione non banale, che stimola il confronto tra i diversi punti di vista per apprezzare appieno ogni sfaccettatura dei gioielli esposti.
Quattro sono i raggruppamenti previsti dalla nuova installazione: ci sono gli smalti, tra cui spiccano le manifatture limosine e quelle lombarde, gli oggetti di arte sacra, quelli di fantasia insieme ai bronzetti e infine i gioielli della persona. Ci soffermiamo non a caso su questa ultima sezione, che incuriosisce le donne di ogni tempo: accanto a originali gioielli di arte etrusca, greca e romana, spiccano le parures ottocentesche realizzate dall'atelier di Fortunato Pio Castellani, come quella, imponente, in stile neo-archeologico che indossava Rosa Trivulzio, madre di Gian Giacomo.
Una piccola curiosità che non deve sminuire il fascino delle collane antiche: nei secoli passati, sino al Settecento, era difficile lavare i tessuti preziosi, specie se decorati con applicazioni. Per ovviare ai cattivi odori si ricorreva allora a profumi, aromi e ciprie nascosti proprio nei grani traforati dei gioielli.
Non meno significativa è la sezione dedicata all'oreficeria sacra, tanto importante in passato quanto quella privata. Al Poldi Pezzoli sono conservate delle croci d'altare medioevali, decorate da splendidi smalti di Limoges, ed esemplari pregiati come il reliquiario della croce di Rivolta d'Adda. Acquistato per una cifra considerevole agli inizi del Novecento da Camillo Boito, secondo direttore del museo, il tabernacolo costituisce una delle rare testimonianze dell'altissimo livello artistico e tecnico raggiunto dalle botteghe orafe in Lombardia sul finire del Quattrocento.
Da segnalare anche un medaglione cinquecentesco: si tratta del pendente della «Invencible Armada», in oro e madreperla, forse donato da Elisabetta I a uno dei suoi ammiragli dopo la vittoria inglese contro la flotta spagnola.
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