Quel «pan de Toni» che rese dolce il Natale del Moro

Leggende e vicende del panettone in una mostra alla Biblioteca Sormani

Francesca Amé

«Il panettone è una grassa focaccia di fior di farina, impastata con tuorli d’uova, zucchero, burro e zibibbo. L’impasto della massa farinacea richiede un forte e faticoso lavoro di braccia che assicuri la perfetta mescolanza delle dosi, dipendendo da questa la buona riuscita del panettone». È questa l’antica ricetta del panettone seguita, quando le farciture stravaganti non erano ancora di moda, dalle pregiate pasticcerie meneghine: Biffi, Cova, Taveggia, Marchesi, Tre Marie e ovviamente, la ditta Motta, la cui grande «emme» divenne presto sinonimo della produzione del «pan de ton». Pronti a metterlo nel carrello per aprirlo a Natale (ricordandosi di lasciarne un pezzetto per San Biagio), forse non tutti i golosi sanno che di eccezionale il panettone non ha solo il sapore ma anche la storia. Le sue origini mescolano fatti a leggende e tra questi, oltre a una carambola di ricette, manuali e dotti epistolari (pare che anche il Foscolo fosse ghiotto di questo dolce), si è destreggiata la Sormani per allestire la mostra «Il pane grande di Milano. Storia e storie del Panettone» (sino al 3 febbraio).
Due le sedi della esposizione: l’atrio e il corridoio della biblioteca milanese e la Casa del pane di porta Venezia, sede dell’Associazione panificatori di Milano. All’inaugurazione in Sormani, tra prelibatezze culinarie e libresche, è stata anche presentata la ristampa di una piccola strenna delle edizioni Motta Panettoni del '35.
Nell’atrio della Sormani, dunque, tanto spazio alle fonti storiche che dimostrano come in città, già nel medioevo, si preparassero per le feste natalizie grossi pani diversi da quelli che si mangiavano durante l’anno: dovevano essere tre come imponeva la numerologia medievale per simboleggiare la Trinità. La leggenda più nota sul panettone risale però al Quattrocento: è Natale e alla corte del Moro tutti sono in festa. Tutti, tranne il cuoco che ha appena bruciato il dolce nel forno. Viene in suo soccorso il giovane sguattero Toni, che aveva appena confezionato per il suo compleanno un dolce dalla forma di grande pane. Il dolce, detto il «pan de Toni», fece il suo ingresso trionfale nel banchetto e conquistò subito la duchessa Beatrice.
Tra le curiosità in mostra, gli scambi di auguri tra Alessandro Manzoni e il famoso Forno delle Grucce. La bottega milanese, in seguito alla citazione nei «Promessi sposi» che aumentò di molto la sua popolarità, ringraziò lo scrittore con un buonissimo panettone. Pare poi che nemmeno Garibaldi disdegnasse questo dolce di cui era estimatore anche Rossini. La corrispondenza privata, i ricettari e le strenne che i locali storici usavano regalare ai clienti migliori appartengono alla raccolta Luraschi-Marinoni della Sormani, ora situata nella biblioteca specialistica della Casa del pane.

Tante anche le divagazioni letterarie sul panettone, come i ricordi di Gadda e di Buzzati. Si finisce in dolcezza con il ricordo di Angelo Motta che sul finir dell'Ottocento dal suo negozio di via della Chiusa mandava una cesta di fette di panettone per gli affamati spazzacamini.

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