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Quell'esame di coscienza che la sinistra non fa mai

Sia i violenti sia i politici credono d'avere in tasca la verità con cui risolvere tutti i problemi sociali

Quell'esame di coscienza che la sinistra non fa mai
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Perché la sinistra italiana, in un modo o nell'altro, difende sempre i violenti? Su questo punto bisogna essere chiarissimi: perché ne condivide gli "ideali". Sia i violenti sia i politici credono d'avere in tasca la verità con cui risolvere tutti i problemi sociali e, quindi, ritengono che non esista un prezzo troppo alto da pagare per realizzare finalmente una società così bella, giusta e perfetta. Sì, certo, qualcuno sbaglia, assalta La Stampa, mette a ferro e fuoco le città, manda i poliziotti in ospedale ma il suo "ideale" è comunque buono e non va rifiutato. Il meccanismo mentale che c'è alla base sia della violenza sia della tolleranza della violenza è quello della logica della frittata della società giusta e vera che è conosciuta esclusivamente da chi fa parte del meraviglioso mondo della sinistra. La logica della frittata è sbagliata non solo nella pratica ma anche nella teoria. Si sono rotte milioni e milioni di uova esseri umani ma la frittata non è mai riuscita. Perché? Perché la frittata la società giusta e vera che risolve tutti i problemi sociali: il comunismo non esiste. È un inganno. Purtroppo, questo inganno - che dura dalla Rivoluzione d'ottobre del 1917, che si è cercato di realizzare nel Novecento con lo sterminio di massa, che è fallito e che nonostante il fallimento storico è ancora tra noi come cattiva coscienza e pessima cultura illiberale - è proprio ciò che lega "idealmente" o "culturalmente" i violenti e la sinistra. È un preciso fatto storico che la fine del Pci non è coincisa con la necessaria critica della ragion comunista che, al contrario, è ancora usata in sede di interpretazione storiografica per giustificare gli errori e gli orrori del comunismo.

La sinistra italiana politici, intellettuali, professori, cantanti e tutta la bella compagnia non ha mai fatto veramente un pubblico esame di coscienza. Il punto dolente è tutto qua. Se lo facesse e se dicesse che l'ideale comunista è bacato e terrorista prenderebbe finalmente le distanze dalla storia assassina del Novecento e smentirebbe in modo puntuale le manifestazioni di piazza che sempre si richiamano all'ideale della società giusta universale che, di volta in volta, ha i nemici del momento: la destra, i fascisti, i berlusconiani, i meloniani, gli israeliani, i sionisti, gli ebrei, i giornalisti che sbagliano e vanno intimoriti. Ma questo esame di coscienza nessuno lo fa perché è comodissimo credere di essere i depositari di una cultura che ha in sé la soluzione a tutti i problemi umani e ritenere che chi si oppone lo fa o perché è malvagio o perché è interessato o perché è stupido. È proprio questo spettro mentale che ha dominato la cultura politica del Novecento e che, giustamente, il grande liberale Isaiah Berlin, alla vigilia della morte, illustrò in maniera cristallina alle giovani generazioni affinché lo rifiutassero. Chi si oppone a questo schema della logica della frittata disse deve essere persuaso. Se non può essere persuaso, allora, bisogna emanare delle leggi che lo reprimano. Se anche questo non funziona, allora, si dovrà usare la violenza e se necessario il terrore, la carneficina. "Lenin se ne convinse dopo aver letto Il capitale disse Berlin nel suo Breve credo ai giovani dell'Università di Toronto nel 1994 : predicava risolutamente che se coi mezzi da lui propugnati si poteva creare una società giusta, pacifica, felice, libera e virtuosa, allora il fine giustificava qualunque mezzo, letteralmente qualunque mezzo". Ci siamo capiti? La storia della sinistra italiana è, purtroppo, culturalmente ancora qua. Qua dove inizia il terribile Novecento in cui lo sterminio di massa è praticato e ideato a sinistra per realizzare il Paradiso. In questo modo di concepire la politica e la storia, la violenza non è un caso ma una necessità.

Le forze liberali, che siano politiche che siano culturali, devono svolgere costantemente quest'opera di critica della violenza politica in difesa di una sensibilità costituzionale e di una cultura del limite dei saperi e dei poteri umani che a sinistra non solo sono assenti ma sono anche negate. Il prezzo della libertà è la sua quotidiana custodia culturale e politica.

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