«Quote rosa» alla Fabbrica del Vapore

Quattro giovani donne e il loro sguardo sul mondo. Uno sguardo che conserva buona parte di innocenza, quasi fiabesco. Quattro donne che provengono da luoghi diversi, con diverse storie: Sabina Grasso, trentunenne genovese, Tarin Gartner nata nel 1974 a Gerusalemme, Jelena Vasiljev trentenne serba e la francese Sophie Usunier, la più «vecchia», 35 anni compiuti. Sono loro l’anima delle «Quote rosa», esempi di videoarte «milanese» al femminile, alla Fabbrica del Vapore in via Procaccini, 4. Nessuna di loro è nata in questa città, ma tutte l’hanno scelta per viverci, lavorare, amare. Sabina Grasso è attratta da ogni mezzo di comunicazione del nostro tempo e ha «rubato» un dialogo effettuato in chat ricreando l’atmosfera suggerita da questo scambio virtuale, portandolo in scena, fermando nello spazio figure sedute e prese dalla lettura, come attori durante le prove, soli e posseduti dal personaggio scelto o imposto. Luce nuda per Jelena Vasiljev con il suo «Pensavo di essere un lupo», un’immersione totale nella natura dove lei, curva su una vasca di ferro, mostra le sue sculture in legno naturale che appaiono come rami, zampe, resti di animali o alberi. Immagini che suggeriscono calma interiore, attesa, ineluttabilità, ciclo biologico. C’è inquietudine nel dondolio dell’altalena filmata da Sophie Usunier, nella sua visione del parco giochi vuoto, con lo scivolo. I bambini sono andati via o devono ancora arrivare. Ma a un certo punto appare una bambina, forse novella Alice in un paese senza meraviglie, veloce con il suo zainetto rosa a forma di coniglio.

La storia grande e la piccola, il pubblico e il privato si incrociano nel lavoro di Tarin Gartner che documenta con i suoi occhi il recente scontro tra Libano e Israele, momento in cui la sua famiglia ha dovuto sfollare da Haifa.

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