Un re (assoluto) per sei regine: passioni e potere di Enrico VIII

La vita incredibile del sovrano inglese fra eccessi, amanti, ostacoli e dolori

Un re (assoluto) per sei regine: passioni e potere di Enrico VIII

"Che principe! Aveva i capelli biondo-rossi del padre e occhi di un azzurro intenso che lo fissavano sereni, senza sbattere le palpebre. Le dita minuscole gli afferrarono il pollice con forza sorprendente. Gli occhi di Enrico si riempirono di lacrime. Che magnifico futuro re! esclamò davanti ai nobili e alle dame di Caterina, che lo circondavano ammirati. Mi somiglia. Date il benvenuto al futuro Enrico IX!".

E invece no. Nulla sarebbe andato come sperava il re, in quel finire del 1511. Alison Weir, scrittrice inglese di romanzi e saggi storici, dopo avere dedicato una serie alle sue sei mogli, questa volta si dedica al sovrano Tudor: Enrico VIII (Neri Pozza, pagg. 632, euro 22). Il sottotitolo della biografia romanzata dice molto della sua indole: "Il cuore e la corona". Ingombrante e imponente già nel modo di porsi, come ce lo hanno lasciato il celebre ritratto che gli fece Holbein e i romanzi di Hilary Mantel, straripante di potere e di passioni, Enrico è il secondogenito di Enrico VII e di Elisabetta di York: nasce nel 1491 nel palazzo di Greenwich e, come il fratello maggiore Arturo, è un figlio della pace ritrovata sul suolo d'Inghilterra dopo la Guerra delle due rose. Ma con Arturo ha ben poco altro in comune, quanto al carattere e alle predilezioni: tanto il primogenito è serio, pacato e fragile, quanto Enrico è scalpitante dal desiderio di prendersi il suo posto nel mondo e di provare la propria forza. E quando, nel 1502, Arturo muore, apparentemente senza nemmeno avere consumato il matrimonio con la bellissima Caterina d'Aragona, il momento di Enrico sembra davvero arrivato.

Eppure perfino Enrico VIII, sovrano assolutissimo, uomo che pare avere realizzato qualsiasi suo capriccio, passato alla storia per le sei mogli e per essersi autoproclamato capo della Chiesa inglese, personaggio da romanzo e da cinema (e da serie tv, e perfino da canzoncine per bambini: "Enrico VIII, re dei re" cantava Patrick Swayze ubriaco in Ghost...) deve passare attraverso ostacoli, dolori, compromessi, rifiuti, amarezze. È proprio ciò che mostra Alison Weir nella sua biografia romanzata: il lato quasi umano di un essere che, da parte sua, si riteneva divino e ha esercitato un potere eccezionale nella successione degli altri occupanti del trono inglese. Il primo rospo da inghiottire è il padre: Enrico scalpita per sposare Caterina, ma il re non è convinto; Enrico aspira a una qualche carica politica, ma il re lo tiene a freno. Il figlio si convince che il padre lo tema, perché lui è giovane, bello e vigoroso; addirittura, in uno scontro aperto, il re afferra il pugnale e minaccia di ucciderlo... In comune, padre e figlio hanno un identico disprezzo per i traditori e la convinzione che sia necessario punirli senza pietà, e infatti salito al trono Enrico VIII non ha scrupoli a fare saltare le teste di mogli (due: Anna Bolena e Caterina Howard), amici, consiglieri fidati e addirittura di Tommaso Moro, nel momento in cui ostacolano i suoi piani.

Una volta ottenuta la corona (nel 1509), Enrico è convinto che muterà il corso della storia d'Inghilterra. "Aveva quasi diciott'anni, sprizzava giovinezza, forza ed entusiasmo, e possedeva inoltre tutte le virtù proprie di un cavaliere". La folla lo applaude e lui adora farsi ammirare, quando sfila con gli abiti splendenti, quando combatte, quando tira con l'arco, quando va a cavallo, quando si traveste per i suoi "scherzi"; qualche volta si nasconde perfino fra la gente, per origliare frasi di approvazione nei propri confronti. Il padre ha garantito una reputazione internazionale e ricchezze immense all'Inghilterra, ma per Enrico non sono sufficienti: lui aspira alla gloria di conquistare la Francia e di farsi incoronare anche a Reims. Non accadrà, come non potrà mai avere un erede maschio da Caterina. L'unica a sopravvivere è infatti Maria, nata nel 1516. E allora, di fronte al destino apparentemente avverso, inizia a domandarsi se abbia oltraggiato il Signore. Se quel matrimonio con la moglie del fratello sia in odore di peccato. Se Dio voglia punirlo. È ossessionato da quell'erede maschio che deve lasciare ai Tudor, e che qualcuno, o qualcosa, gli soffia via ogni volta.

Certo va detto che, nel frattempo, quel ragazzo pudico, che scriveva versi per esaltare la virtù, è diventato un uomo, conscio del fascino e, diciamo così, delle opportunità che la sua posizione gli offre. Ama l'ultima moglie Caterina, la ritiene una regina perfetta quasi come la propria madre, l'adorata Elisabetta di York ma, complici qualche anno in più di lei e le varie gravidanze (e gli aborti), non si accontenta più. Ha un figlio bastardo, Henry Fitzroy, che riconosce pubblicamente nonostante le proteste di Caterina. Ha molte amanti, fra cui Maria Bolena. E un giorno, lo stesso giorno in cui il cardinale Wolsey, il suo uomo di fiducia, gli offre la residenza maestosa di Hampton Court in regalo, gli occhi di Enrico VIII si posano sulla sorella di Maria Bolena, Anna. Da quel momento, è la fine di un regno "normale" (e presto è la fine anche delle fortune di Wolsey, che rimane filopapale). Per ottenere il divorzio da Caterina e sposare Anna, Enrico VIII smuove mari e monti (e fa cadere qualche testa), ma poi? Poi, nel 1533, nasce una bambina, la futura Elisabetta. E anche Anna Bolena finisce sulla lista nera, rinchiusa nella Torre di Londra, decapitata con l'accusa di adulterio. Le succede Jane Howard, che Enrico adora, e che nel 1537 gli dona il tanto desiderato maschio; ma Jane muore dopo il parto, come se davvero il destino non volesse concedergli una gioia senza macchia. E poi quel figlio, il futuro Edoardo VI, sarebbe rimasto sul trono pochissimo: muore nel 1553, sei anni dopo Enrico.

E quindi tocca ad Anna di Cleves, "sponsorizzata" da Thomas Cromwell (che finisce anche lui nella Torre), con la quale però fa annullare il matrimonio; poi a Caterina Howard, alla quale fa mozzare la testa; infine a Caterina Parr, per la quale prova un affetto quasi maturo, quasi saggio per un uomo così travolgente e travolto dalle passioni per tutta la vita. E così quando, il 28 gennaio del 1547, nel suo letto a Whitehall, è vicino alla fine, Enrico manda via l'ultima moglie, l'amata Caterina, perché non vuole che veda un immortale morire.

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