Referendum 2011

Referendum: per arrivare al quorum ci provano con gli sconti e i regali...

Sul web scatta la mobilitazione pro quorum, sperando nella spallata al centrodestra, come se la consultazione fosse il "terzo turno" delle Amministrative. In cambio dei quattro "sì" promessi fumetti, tatuaggi e trattamenti estetici "gratis". Come nella Napoli di Lauro. Bersani: "Faremo di tutto per raggiungere il quorum"

Referendum: per arrivare al quorum 
ci provano con gli sconti e i regali...

Roma - Sconto del 30 per cento sulle scarpe nella boutique fashion di Brescia, ma solo con tessera elettorale timbrata, perché sul referendum non si accettano i furbi, quindi anche la pizza a soli euro 5,90 al kg (accorrere a Civitavecchia) è riservata esclusivamente al buon cittadino referendario, che voti uno, due, tre o nessun sì. I grandi saldi sono iniziati e vanno alla grande. L’ipermercato apre il 12 giugno e chiude il giorno dopo, un glorioso temporary shop dove si possono fare ottimi affari. Le croci sui quesiti, da diritto (sempre snobbato) a splendida idea week-end, simpaticamente associabile ad una gita all’Elba (dove un bed and breakfast offre il pacchetto relax democratico: voto, pernottamento e colazione continentale a 15 euro/notte), ad un tatuaggio gratis sempre sull’isola, a ottimi cocktail per 2,50 euro a Borgo San Frediano (Firenze), a fumetti scontati a Lecce, a un bijoux omaggio a Porto Empedocle, lezioni di astronomia e di Gyratonic (pare sia una ginnastica), massaggi fisioterapici, trattamenti estetici, pacchi di cibi equosolidali ecologici e rispettosi.

Basta presentarsi alla cassa con la scheda opportunamente vidimata dal seggio elettorale e l’affare è fatto, democrazia modello Groupon, voti due prendi tre. Non è più un referendum, è un rave party, un grande bunga bunga da somministrare al Cavaliere, con ricchi premi e buoni sconto. E a guidare sconti e promozione c’è il gruppo di San Tommaso is back, una rete di eventi e iniziative ideata dalla cantautrice romana Pilar.

No, non sembra più un referendum, appuntamento che da sedici anni a questa parte produce solo lunghe file in autostrada per raggiungere il mare, ma la prevendita di un concerto di Vasco Rossi. Un caso di costume nazionale che non si può attribuire solo alla natura dei quesiti referendari (quelli passati, naufragati nel non voto, toccavano temi altrettanto importanti, dai rimborsi ai partiti alla legge elettorale alla separazione delle carriere dei magistrati, all’abolizione di inutili ordini professionali) ma che si capisce solo inquadrandolo nel momento politico. La consultazione del 12-13 giugno, super promozionata, sembra il terzo turno delle amministrative. Dopo l’arancione di De Magistris e Pisapia, il giallo del «Sì». Non tanto un voto sui programmi energetici italiani, sulla gestione dei servizi idrici, sul legittimo impedimento del premier, ma un tentativo di plebiscito contro la maggioranza, una spallata a colpi di crocette che mescola la politica (e i partiti) al referendum più di quanto non dovrebbe.

Perciò si è messa in moto una macchina propagandistica che è quella della politica, la chiamata alle armi che non è propria di un referendum ma di una consultazione elettorale. Va bene quindi il marketing virale, il passaparola su Youtube, mai per spiegare l’intricato sistema di concessioni idriche o il contenuto degli articoli di legge sulle centrali nucleari (che poi non sono sulle centrali nucleari, mai nominate nel decreto in questione che regola invece la Strategia energetica nazionale...), ma per creare l’«evento» a cui non mancare. Sembrano tornati i tempi di Achille Lauro, l’armatore sindaco di Napoli che negli anni Cinquanta regalava scarpe in cambio di voti.

E infatti, subodorato il fenomeno di massa, i furbetti del quartierino artistico ci si sono fiondati, scoprendo magicamente le gioie della partecipazione referendaria (saranno contenti i Radicali, che dal ’74 a oggi ne hanno promossi 110 di referendum, senza riuscire però a renderli così glamour come questi), come fa Irene Grandi, nota costituzionalista, che ci informa come il referendum sia «uno strumento di democrazia» e che «siamo chiamati a dare un’opinione su quesiti che interessano tutti». È sceso momentaneamente dagli alberi Mauro Corona, lo scrittore ecologico che passa la vita tra le montagne e i talk show della Bignardi (Aldo Grasso lo fulminò così: «quello che parla con le piante ma non disdegna le piantane») che ha composto un’ode all’acqua pubblica, con un incipit memorabile: «Fermi! Giù le mani dal mio passo argentato».

Engagè pure l’attrice Teresa De Sio e il cantautore Simone Cristicchi, che sono attesi in piazza del Popolo a Roma per chiudere la campagna per il Sì. Inevitabile il videomessaggio di Al Gore, quello della «Scomoda verità» (come scomodo fu quando si scoprì che l’ex candidato alla Casa Bianca consumava in un mese quello che una casa statunitense media consuma in un anno, 221,000 kWh, per illuminare, riscaldare e abitare le 20 stanze della villa con piscina a Nashville). C’è anche un sito, Iovoto.eu, con un bel manipolo di vip e intellettuali «uniti dallo scopo comune di sottolineare l’importanza del diritto di voto» (ma solo stavolta). La fondamentale testimonianza di Danny Mendez, ex Miss Italia di colore, un simpatico duetto di Paolo Virzì e Caterina Guzzanti, altri contributi vip di Carolina Crescentini e Elio Germano. Anche loro in coda al megastore, dove il referendum è in promozione.

Anzi, in svendita.

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