Referendum col batti-quorum

Alcuni partiti invitano a disertare i seggi per invalidare la consultazione, altri scommettono che si raggiungerà il tetto. Ma domenica e lunedì (solo entro le 15) si decidono anche i ballottaggi di sindaci e presidenti provinciali

Referendum col batti-quorum

Quorum e batti-quorum: ricomincia la sfida infinita. In teoria sono più di 50 milioni gli italiani che hanno il diritto di andare alle urne. In pratica solo una parte di questo esercito, domenica e lunedì, sembra decisa a votare un referendum sul quale molti partiti hanno da tempo condotto una strenua battaglia in nome dell’astensionismo. E, previsioni permettendo, il meteo darà loro una mano: sole, caldo, cosa mai di meglio per andare al mare e disertare le urne?

Tuttavia la battaglia politica è apertissima e, come sempre ad ogni appuntamento referendario, fatta di partiti trasversali che si affrontano spesso dimenticando la loro appartenenza. Così può capitare che Di Pietro sia per il no dopo aver raccolto le firme per il referendum; Fini per il sì mentre parte del Pdl e Lega abbiano già la macchina pronta per una bella scampagnata domenicale. Mari o monti, poco conta. L’obiettivo è impedire che si arrivi al 50,1% dei votanti perché in quel caso la consultazione, indipendentemente da chi vincerà nel merito dei quesiti, finirà rigorosamente nel cestino, come la legge prevede.

d aumentare l’incertezza la possibilità che il quorum si raggiunga per effetto della decisione di agganciare il referendum alle schede dei ballottaggi di sindaci e presidenti provinciali. Occorre insomma - sottolineava il ministro leghista Maroni - che l’elettore sappia di avere anche la possibilità di rifiutare il voto referendario, accettando invece di esprimersi su sindaci o presidenti di Provincia. Chi lo vorrà, dovrà solo rifiutarsi di ritirare la scheda referendaria dalle mani del presidente di seggio: così risulterà regolarmente adempiuto il diritto-dovere verso la pubblica amministrazione evitando di sbilanciarsi sul resto.

Ma cosa regola nella fattispecie questa consultazione? I quesiti del referendum sono sostanzialmente due anche se l’elettore riceverà tre schede: due quesiti sono infatti la stessa cosa e la duplicità si spiega perché uno riguarda la Camera e l’altra il Senato. Scheda viola e scheda beige, rispettivamente, ma identica materia: premio di maggioranza alla lista (e non alla coalizione) più votata. Insomma, si chiede all’elettore se abolire la possibilità per i partiti di aggregarsi tra loro e guadagnare il premio di maggioranza per il polo vincente. Ne consegue che verrebbero penalizzati i gruppi più piccoli (la percentuale di sbarramento diventerà del 4% alla Camera e dell’8% a Palazzo Madama) e soprattutto cambierebbe radicalmente l’attuale geografia politica fatta di coalizioni di partiti. Scheda verde invece per decidere se togliere ai politici la possibilità di presentare la propria candidatura in più di un collegio. Il quesito si rivolge ai leader che si presentano in varie zone d’Italia pur sapendo di doverne poi scegliere una sola.

Se vinceranno i sì ogni candidato potrà essere in lista in una sola circoscrizione elettorale e il premio di maggioranza andrà soltanto al partito più votato; in caso di successo dei no, oppure di mancato raggiungimento del quorum, tutto resta come è attualmente. Si voterà per due giorni: domenica dalle 8 alle 22, lunedì dalle 7 alle 15.

Sarà necessario avere con sé la tessera elettorale (eventualmente da richiedere all’ufficio elettorale del proprio Comune di residenza) e un documento di identità valido. Per esprimere il proprio voto occorre tracciare una croce sul sì oppure sul no nel caso si voglia abrogare (cioè abolire) l’attuale normativa oppure lasciarla invariata.
SteG

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