Immaginiamo che questo pezzo fosse stato chiesto a Marco Travaglio (e non è escluso che lo scriva sul suo giornale: vedremo). Ne uscirebbe, alla luce della ricostruzione della storia recente dItalia dai monocolori democristiani, al pentapartito, al Caf fino ai governi Andreotti, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, DAlema, Berlusconi-Berlusconi, Prodi-Berlusconi (questi ultimi, in ritmo jazz, nei quali è più ferrato), una rappresentazione del salotto di Maria Angiolillo come il luogo di tutte le efferatezze e i complotti del potere, e di Maria Angiolillo come il capo di una potentissima cupola trasversale.
Forse su Il Fatto non leggeremo questa storia di una donna potente e buona, amica di potenti meno buoni di lei (che aveva scritto: «Con i miei amici vado per simpatia, non vado dietro al loro potere»), ma certamente su Il Tempo, il giornale fondato e diretto dal suo grande marito Renato Angiolillo, e dopo la morte di lui dallimmarcescibile equidistante ed equivicino Gianni Letta, leggeremo una impeccabile e certamente curiosa agiografia. Santa Maria Angiolillo, di Trinità dei Monti. E proprio la figura di Gianni Letta, sopra evocata, primo dei giornalisti del Tempo di Angiolillo, e primo degli amici di Maria, serve a capire la personalità di questa donna straordinaria.
Difficile sarebbe indicarne le simpatie politiche, se non pensando allorientamento prevalente del Tempo, come lo sarebbe di Gianni Letta se non avesse deciso, come supremo tecnico, al di là della politica (intesa come raccolta del consenso), di accettare il ruolo di consigliere del principe, ovvero di primo sottosegretario del governo come alter ego operativo, e in mille frangenti difficili, di Berlusconi. Maria Angiolillo e Letta sono le due facce della stessa medaglia, ma la faccia delluno si è orientata a destra e la faccia dellaltra è rimasta nel suo luogo naturale: il centro, che vuol dire anche il centro democristiano, ma qualcosa di più, anche il centro del mondo religioso rappresentato dal Vaticano che, anche dopo Porta Pia resta il riferimento assoluto (come assoluto è il potere del Pontefice) della politica italiana. In questo equilibrio la figura di Letta è sublime perché quanto il premier è «sputtanato» dal ringhiante travaglio delle opposizioni, tanto dalle stesse Letta è legittimato.
In questa cultura del potere, in questo dialogo continuamente aperto con lopposizione che un tempo potrà essere al governo come, in un altro tempo il governo potrà essere allopposizione, si spiega non solo la personale fortuna di Letta, ma anche la natura del salotto tolemaico di Maria Angiolillo, che rimane stabile e fermo qualunque turbamento patisca la politica italiana. Turbamento, ribaltamento o perturbazione (come fu il breve interludio del governo Dini); ma mai tali da alterare la variabile composizione del salotto di Maria. Che resta, immobile, al centro qualunque faccia abbia il potere politico o economico del momento. Ogni governo ha il suo tempo, ma il tempo di Maria Angiolillo va oltre qualunque governo. Unaria di Così fan tutte, nel bel testo di Lorenzo Da Ponte, apre con i versi: «Come scoglio in moto resta, contro il vento e la tempesta». Così fu di quel salotto che io frequentai agli esordi degli anni Ottanta, con precisione a partire dal 1981, quando Maria, da sempre innamorata della politica, fu presa dallarte nelle forme di un bravo e sconosciuto scultore che veniva dal mondo dellEst: Igor Mitoraj.
Attraverso i buoni uffici di unamica comune, Elisabetta Minciaroni, moglie di un potente costruttore, Maria volle incontrarmi per affidarmi il compito di seguire e sostenere il giovane e romantico scultore. Tanto si appassionò e tanto fece che Mitoraj rapidamente divenne il beniamino di collezionisti, industriali, stilisti che adornarono le loro case delle sue belle sculture. E, nel 1982, con Maurizio Calvesi, critico darte curioso e sensibile, presentammo una grande mostra di Mitoraj a Castel SantAngelo. Dobbiamo, per quello che riguarda il mio ricordo, vedere i successivi dieci anni, fino alla fine della Prima Repubblica, verso il 1993, in rapporto con i governi prima democristiani e poi socialista, che si avvicendarono. Così che io, attraverso lammirazione per lo scultore, potei conoscere il sistema Angiolillo nella grande rappresentazione teatrale delle sue leggendarie cene frequentate, primamente, dal più vicino al Vaticano dei grandi politici democristiani, Giulio Andreotti; e poi di governo in governo, da Craxi, Martelli, De Mita, il mitico abruzzese Remo Gaspari, certamente amico di Renato Angiolillo e, naturalmente, Spadolini, equamente condiviso con unaltra regina di salotti milanesi e cortinesi, come Rina Brion.
Naturalmente, divenuto presidente della Camera nel 1992, lattuale presidente della Repubblica frequentò il salotto di Maria Angiolillo. Ma frequentatori abituali furono il sindaco di Roma Franco Carraro con sua moglie Sandra che allestì negli anni Ottanta un salotto parallelo più vicino ai socialisti, e Cesare Romiti e Luigi Abete e Nerio Nesi e Gianni De Michelis. Anni mossi e difficili. Ma poi venne anche il momento di Prodi e dei suoi ministri, mentre non tramontò mai quello di Mario DUrso, bon vivant amico dellavvocato Agnelli, anche quando fu sottosegretario in quota Bertinotti. E il salotto rimase sempre vivo e al centro della dinamica tra politica ed economia anche quando al governo arrivò Berlusconi, verso il quale, nonostante lamatissimo Letta, Maria Angiolillo doveva provare una simpatia discontinua (proporzionale allantipatia di Berlusconi per i salotti), talvolta pensando alla politica della Prima Repubblica con rimpianto e guardando alla Seconda con una diffidenza simile a quella di Montanelli (pur non sbilanciandosi).
Così accolse senza danno le «picconate» di Cossiga che non sfiorarono il suo salotto, e fu presto pronta ad accogliere gli ultimi reduci della Prima Repubblica, benché allepoca allopposizione: i DAlema, i Rutelli, i Veltroni, e infine gli Alemanno, arrivati al dominio del governo e della Città Eterna (loro inevitabilmente transeunti). Tutto veniva normalizzato sotto la cupola di Trinità dei Monti, ogni potere addomesticato. E così a salire i gradini della scalinata e poi quelli del suo bellissimo appartamento si videro in più occasioni Bertinotti e la moglie, ma anche il marsicano Franco Marini (solo per loccasione della presidenza del Senato ricevuto con tutti gli onori, mentre da sindacalista era stato sotto il balcone); ma anche, nellavvicendarsi destra-sinistra la Melandri e la Prestigiacomo. Non so di Rosy Bindi ma, tra le intrinseche di Maria, ci fu la tanto diversa ma tanto simile (altrettanto duttile ma più morbida) Barbara Palombelli. Perché Maria Angiolillo non era accondiscendente. Poteva essere dura, e trattava con i potenti da pari a pari, e con i ministri da ministro. In questa posizione poteva chiedere qualunque cosa, e spesso ottenerla.
Il suo è stato un buon governo dei governi e lo stesso Berlusconi non poteva reclamare un primato condividendo con lei Gianni Letta che era stato prima del Letta di Berlusconi il Letta di Angiolillo. In questo salotto, non esclusivo (o non soltanto), ma inclusivo non cerano posizioni preconcette né pregiudizi verso il potere che è in quanto è. E il ministro degli Interni e insieme ministro dei Rapporti con il Parlamento di casa Angiolillo non poteva che essere un altro abruzzese di così forte personalità da potersi rappresentare come mediatore o conciliatore: Bruno Vespa. Io negli anni, fino al primo governo Berlusconi, in quel salotto fui osservatore.
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