Un Renoir o un Dalì? Ora si affittano

«Circle Club Art Collection» è l’idea di Riccardo Schmid e del pittore Ottavio Fabbri

Un Renoir o un Dalì? Ora si  affittano

Pamela Dell’Orto

Inizia tutto con un incontro e un’idea in comune: l’arte è inaccessibile, almeno al grande pubblico. Quello che ai musei preferisce le boutique. Ma anche quello che un quadro di Canaletto o di Warhol non se lo potrà mai permettere. Poi l’intuizione: perché non rendere «tangibile» l’arte e darli in affitto i Renoir, i Van Dyck, i De Chirico, i Klimt? Un tot al mese, ma perché no, anche solo per due settimane. Magari poi chi le affitta si innamora e decide di comprarsele, e allora il «canone» pagato diventa un anticipo.
Infine il progetto, che non poteva che nascere da Riccardo Schmid - fondatore di «Circle Club», circolo milanese super-esclusivo che affitta beni di lusso - e Ottavio Fabbri, pittore e gallerista della dinastia Fabbri Editori - il suo quartier generale in via Bigli 11, alla «Monte-Carlo Art Gallery». Insieme hanno creato la «Circle Club Art Collection». La loro filosofia è «rendere democratica l’arte - spiega Schmid - perché anche qui il concetto di proprietà è trasformato. L’utilizzo dei beni sta diventando più importante della proprietà». Il concetto è semplice: chi entra alla «Monte-Carlo Art Gallery» (due spazi: uno per l’arte antica, arredato da Fabbri come un salotto accogliente, uno per l’arte moderna e contemporanea) e vede un’opera che gli piace la può tenere «in affido» per un periodo. Il «canone» del singolo pezzo dipende dalla sua quotazione: «Dall’1,5 al 4,5 per cento del valore a seconda del tempo di affido richiesto». Dai 30mila euro per avere in casa un Canaletto (il più quotato) per due settimane, 90mila per 6 mesi. Ai 375 euro bisettimanali per affittare un Dalì, che nel giro di 6 mesi diventano 1.125.
Attenzione però, perché dietro l’operazione c’è una «giuria» molto severa che decide se il candidato ha tutte le carte in regola. A coordinare gli specialisti Francesca Manzù, nipote del celebre pittore: «Prima di affidare l’opera andrò all’avanscoperta. Poi consiglierò il cliente nella scelta del quadro». E allora come funziona? «Il socio deve essere conosciuto nel nostro club o presentato da uno dei soci, altrimenti chiediamo tutte le referenze e le sottoponiamo al vaglio della nostra giuria. A meno che non si tratti di un’azienda». È proprio ad aziende, studi professionali, banche d’affari che si rivolge il progetto. E poi c’è chi vorrà un quadro per la casa delle vacanze, per una festa o un evento.
Spiega Schmid: «Il Circle Club si è focalizzato per ora su beni che danno piacere e su beni che si deprezzano come auto di lusso, barche e presto anche case di villeggiatura (in sei mesi di vita 80 soci solo a Milano e un giro d’affari da un milione di euro). Ora diamo ai soci la possibilità di gioire e acculturarsi. È un modo per avvicinare le persone a opere che fino a ieri hanno visto solo in un museo. Per il 2006 prevediamo di affittare 100 dipinti e di raggiungere quota 400 fra due anni». Per avere un’opera in affido non serve essere soci del «Circle Club»: basta acquistare una «Art Card» da 300 euro che si può caricare man mano.

Un esperimento, quello di Schmid e Fabbri, che in Italia ha un solo precedente (vent’anni fa a Milano ci fu una cosa simile). Altri casi a Monaco di Baviera, ad esempio, dove però - dice Francesca Manzù - si affittano opere di artisti emergenti per far amare l’arte».

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