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Respirare (non) basta: farlo bene ci cambia la vita

Daniel Lumera si occupa di coniugare scienza e benessere. E la prima arma è il nostro naso...

Respirare (non) basta: farlo bene ci cambia la vita

Qualche anno fa, dal Giappone Marie Kondo ci insegnò il magico potere del riordino. Una pratica concreta (ridurre all'essenziale la quantità di oggetti in casa) e mentale insieme (come decifrare l'essenziale?, e come abituarcisi?). Ma, sempre in Oriente, è da qualche millennio che fiorisce un'altra pratica, sempre fisica e mentale insieme, e dal potere davvero magico: il respiro. Più che magico, vitale. È la prima cosa che facciamo quando veniamo al mondo, ed è l'ultima prima di lasciarlo. E respirare non è solo respirare (anche se è essenziale...), nel senso che, alla funzione automatica del nostro corpo, si può aggiungere l'intenzione del nostro cervello. È proprio a questo punto che interviene la suddetta tradizione millenaria: nel trasformare il respiro in qualcosa di consapevole, nell'arma più immediata e democratica a nostra disposizione per smettere di lasciarci trascinare dagli eventi e dalle mille faccende dell'esistenza (o, per rievocare anche l'Occidente, con Nietzsche, per non rimanere attaccati al piolo dell'istante) ed elevarci a un minimo di consapevolezza. Insomma, il respiro è il primo gradino sull'infinita strada della meditazione... E, se pensate che sia semplice, leggete pure le peripezie di Emmanuel Carrère sul suo zafu (in Yoga, Adelphi).

Eppure, allo stesso tempo, respirare è semplice: chi di noi (viventi) non lo fa? E chi non può fermarsi un attimo a osservare il respiro? E, dopo averlo osservato, perché non provare a controllarlo? Perciò è anche una strada alla portata di tutti. Ed è esattamente la strada proposta da Daniel Lumera nel suo 28 respiri per cambiare vita (Mondadori, pagg. 406, euro 21). Lumera, nato ad Alghero nel 1975 col nome di Giovanni Andrea Pinna, è un biologo naturalista, che da anni si occupa delle scienze del benessere e della meditazione. Ha firmato due libri con il guru della nutrizione e della «Grande Via», il medico Franco Berrino (Ventuno giorni per rinascere e La via della leggerezza, sempre Mondadori), ha scritto della Biologia della gentilezza (con Immaculata de Vivo, docente di Medicina alla Harvard Medical School) e ha fondato una associazione per promuovere la gentilezza e il perdono. «Il mio è un percorso di consapevolezza legato alle neuroscienze» dice Lumera (che in sardo significa «lucerna»), iniziato quasi per caso, quando, a 19 anni, in Sardegna incontrò Anthony Elenjimittam, discepolo di Gandhi, che lo fece appassionare all'India e alla meditazione (che per lui era «umiltà, disciplina, devozione, amore»). Però c'è anche la scienza: «Elizabeth Blackburn, Nobel per la Medicina, ha studiato l'impatto della meditazione sui telomeri, come biomarcatori della longevità. Ebbene, in due mesi di meditazione costante, il corpo produce il 30 per cento in più di telomerasi, l'enzima che ripara i telomeri». E ancora: «Uno studio al Massachusetts General Hospital ha mostrato che la meditazione incide su 1.500 geni preposti all'infiammazione» che, come si sa, è il terreno su cui prosperano moltissime malattie. Insomma, negli ultimi anni la scienza ha collegato la meditazione a vari filoni di ricerca: «L'invecchiamento; i processi cronici di infiammazione; l'umore e quegli stati di ansia e depressione su cui la meditazione ha grande influenza; la gestione dell'isolamento sociale; le abilità cognitive, quali memoria, lucidità, stati di presenza» dice Lumera. Conclusione: «Questa arte millenaria è una grande medicina per il nostro stile di vita caotico e stressato, che ha bisogno di momenti di rigenerazione». E di quello che viene definito bioreconnecting, ovvero il riconnetterci a noi stessi e al mondo (naturale, e non di frenesia, lavoro e social media...), da cui ci siamo disconessi (esempio, citato da Lumera: «Gli studi neurologici dimostrano che passiamo il 47 per cento del tempo a pensare a quello che non accade»). E il modo più immediato per riconnetterci è proprio il respiro: «Ho elaborato una sequenza perfetta basata sul respiro e su stati di meditazione che riequilibrano quattro neurotrasmettitori: la dopamina, che è legata alle dipendenze; la noradrenalina, legata alla motivazione; la serotonina, l'ormone del benessere; l'ossitocina, ovvero l'ormone dell'amore». Questa pratica, dice Lumera, è «accessibile a tutti ed è molto semplice: bastano dieci-dodici minuti, che possono diventare venti-trenta, a seconda delle esigenze». Come funziona? «Ci si siede in una posizione comoda, con la colonna eretta, si porta l'attenzione al respiro finché siamo consapevoli che sia rilassato e naturale; quando si è centrati, si pensa a un desiderio e, per un minuto, lo si visualizza mentre si sta realizzando. Poi comincia il ciclo di 28 respiri naso-bocca, al proprio ritmo; alla fine si svuota l'aria dai polmoni e si resta 15-20 secondi in apnea, si inspira profondamente, ci si rilassa e si osserva un minuto di silenzio, ascoltando il nostro corpo che si sta rivitalizzando grazie all'ossigeno. Il tutto si può ripetere due volte. Alla fine si resta da uno a sette minuti in silenzio, in uno stato di rigenerazione». Ci vuole disciplina, perché il ciclo di 28 respiri (a replica di quello lunare) va praticato ogni giorno, ma «in una o due settimane già si sperimenta un senso di benessere, di presenza e di lucidità» promette Lumera. Il quale si è addirittura prestato a un esperimento di meditazione «a cervello aperto»: una performance artistico/neurologico/meditativa sotto l'aura di uno dei più importanti scienziati italiani, Giacomo Rizzolatti, che si è tenuta al Maxxi di Roma quasi un anno fa ed è diventata anche un documentario, An Enlightened Mind, della regista Felicia Cigorescu. «Sette ore al giorno, per cinque giorni, sono rimasto immerso in meditazione mentre, su uno schermo, i visitatori potevano osservare un'opera d'arte vivente, che era il cervello meditante. C'erano circa 700 persone ogni giorno, e ciascuno poteva decidere se osservare soltanto, se provare a meditare o se collegare il proprio cervello alle macchine e partecipare». Non è tutto: i cervelli meditanti, a un certo punto, «si sincronizzavano», perché «la meditazione è un fenomeno sociale, non di isolamento: ci porta a collegarci».

Di nuovo, respiro e cervello, meditazione e scienza, tradizione millenaria e tecnologia. «Ogni respiro è nutrimento per il nostro corpo - conclude Lumera - incide sulla produzione di ormoni e sostanze, ossigena il cervello, riequilibra il sistema cardiocircolatorio, stimola il sistema immunitario e la mente, incide sulla qualità delle emozioni... Sull'arte del respiro si basa la nostra vita: è alla base di tutto e le neuroscienze la stanno riscoprendo.

Il respiro è tutto».

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