Riapre "Studio Battaglia". E porta come testimoni i problemi della società

Fra "legal drama" e commedia, le giuste cause di tre avvocate. Trattate con cinismo e femminilità

Riapre "Studio Battaglia". E porta come testimoni i problemi della società
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Non siamo - ancora - nel mondo a volte noioso delle donne che reclamano parità dei diritti. Siamo in quello delle donne affermate, indipendenti, forti, ovviamente con i loro dolori e le loro gioie, con cui gli uomini, più o meno alla pari, si devono confrontare. Insomma siamo nel mondo dello Studio Battaglia, il legal drama con linee comedy familiare che tanto ha intrigato il pubblico nella prima stagione e che riparte su Raiuno martedì prossimo. Una serie al femminile, moderna, elegante, ironica e ben recitata, ambientata a Milano e che parla di avvocate divorziste toste, empatiche, anche iene e ciniche nel loro lavoro. Ma anche figlie, madri, mogli, amanti o compagne. Generazioni diverse che affrontano temi attuali che parlano a tutti e che entrano direttamente nella vita degli spettatori.

In questa seconda stagione le avvocate Battaglia - interpretate da Lunetta Savino nei panni di Marina, la capostipite dello studio legale, Barbora Bobuloba nel ruolo della figlia Anna e Miriam Dalmazio in quello dell'altra figlia Nina - torneranno a lavorare insieme nel prestigioso Studio Zander, ora diventato Zander Battaglia. Poi ci sono le clienti come Carla - che affronta una vera e propria shitstorm - interpretata da Carla Signoris. E anche figli, mariti, padri e amanti, tra cui Giorgio Marchesi nei panni dell'avvocato Massimo Munari. «Nella serie si affrontano temi all'ordine del giorno - spiega la sceneggiatrice Lisa Nur Sultan - come il diritto all'oblio, il divorzio breve, gli haters online, le influencer, le adozioni, i figli adulti mantenuti dai genitori, le separazioni in tarda età, le relazioni tossiche. Una mia fissazione è il tema della privacy: ritornerà anche quest'anno per voce di Daria, la figlia di Anna, a proposito di carteggi e di diari pubblicati postumi. Insomma, si riflette sul fatto che servono nuove norme per nuovi diritti, per scenari che cambiano. Serve farsi nuove domande».

Sono riflessioni che permeano tutti gli ambienti sociali. «In questa stagione - spiega il regista Simone Spada - abbiamo voluto allargare lo spettro, non fermandoci solo al mondo dell'upper class milanese cui fa riferimento la famiglia delle avvocate. Per esempio entriamo nel tema della difficoltà a trovare case in affitto nella metropoli lombarda per chi ha meno opportunità economiche, oppure scoviamo chi si cela sotto i nickname sui social».

Lunetta Savino - calata nel ruolo pieno di ironia dell'avvocata cinica e madre tosta - racconta: «Sono una donna tenace, ingombrante e spregiudicata che non ha alcuna intenzione di lasciare un lavoro che adora e che è la sua vita. E che pure incontra una sua vecchia fiamma. Ed è un bel messaggio per le donne avanti con l'età che pensano che la vita stia finendo. Figuriamoci: ci sono tante cose che ancora ci possono sorprendere e che possiamo fare dopo i 60 anni, dopo i 70 e anche gli 80».

Barbora Bobulova ragiona sul fatto che la parità di genere è ancora di là da venire nella nostra società e che la donna è ancora condizionata dai dettami sociali, sul lavoro e in famiglia. «Cercare la propria felicità a prescindere dal ruolo di moglie e madre è ancora difficile. In questo senso la società si deve evolvere ancora molto.

Per me, ad esempio, che mi sono separata dal mio compagno da tanti anni e che ho cresciuto le mie figlie da single (andando d'accordo con il loro padre), il matrimonio dovrebbe essere un traguardo, non un punto di arrivo, quando si è veramente sicuri delle proprie scelte, anche dopo trent'anni magari».

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