Saranno anche passati trentanni, ma la vitalità dellonorevole Giuseppe Zamberletti, Commissario straordinario per lemergenza in Friuli, è rimasta la stessa. Come la memoria. «Certo, ricordo il presidente della Regione Comelli, il prefetto di Udine Spaziante, lingegner Chiavola che era a capo dellUfficio per la ricostruzione, il sindaco Candolini... Tutta gente che porterò sempre nel cuore, come i bellissimi volti di quella gente, ferita ma dignitosa. E poi quei sindaci, molti giovanissimi, catapultati in uno scenario di guerra. E noi demmo loro pieni poteri, compreso il comando dei reparti militari».
Tanto che sulle tende-municipio lei fece issare...
«Sì, il tricolore, a ribadire che lo Stato cera anche lì, in quelle condizioni».
Come arrivò in Friuli?
«Ero a Roma, e mi chiamò il presidente del Consiglio Aldo Moro, che era volato in Friuli con il ministro degli Interni Cossiga. Mi disse di raggiungerlo, che sarei stato Commissario allemergenza».
E lei disse «Obbedisco».
«Feci in tempo ad avvisare a casa. Poi partii, addirittura senza valigia, con un volo militare da Ciampino a Rivolto».
Che cosa la colpì, per prima?
«Forse un condominio moderno, a Majano, venuto giù come un castello di carte. E una scritta su un muro: Qui i vigili del fuoco hanno pianto. Uno per tutti».
Quanto tempo ci rimase?
«Un anno, con uninterruzione. Ero lì anche il 15 settembre 76, quando una violentissima replica sismica che fece crollare i primi interventi edilizi di fortuna fatti dalla gente».
Un duro colpo anche per gli animi?
«Certo, ma non fu come titolò lEspresso in copertina, dicendo Il Friuli si arrende...
Perché invece?
«I friulani non si sono arresi, hanno lavorato senza gridare e senza chiedere. Gente speciale».
Quindi la ricostruzione è anche merito loro?
«No, non è anche merito loro. È tutto merito loro».
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