«Ridicolo perseguire i reati di opinione»

RomaMontecitorio si svuota in un lampo, con uno tsunami di deputati in corsa dall’aula al portone, trolley in mano, verso le agognate vacanze di Pasqua. Lui invece, segretario del gruppo Pd ed eroe dell’ultima battaglia ostruzionistica anti-prescrizione breve dell’opposizione, presidia fino all’ultimo il Palazzo, e seduto davanti ai terminali di agenzia sbuffa: «Che paese di pazzi!».
Con chi ce l’ha stavolta, onorevole Roberto Giachetti?
«Leggo che domani la Procura di Milano chiederà l’autorizzazione al ministro della Giustizia Alfano per poter procedere contro i tre indagati sulla faccenda dei famosi manifesti sui magistrati e le Br».
E perché la cosa la scandalizza?
«Perché mi pare anacronistico, e a dirla tutta anche un po’ ridicolo, che nel 2011 i magistrati, che tante questioni importanti avrebbero da affrontare, debbano star lì ad aprire procedimenti penali su un reato che in qualsiasi altro paese democratico non è neppure previsto: ossia un reato di opinione».
Sta dicendo che lei la farebbe passare liscia al signor Lassini, quello che si è assunto la responsabilità dei poster?
«Sto dicendo che la vicenda Lassini dimostra in modo lampante che gli anticorpi contro questo genere di comportamenti li deve creare la politica, non certo l’azione giudiziaria. E per fortuna che nel 2006, due legislature fa, fu approvata una riforma che ha in parte derubricato il reato di vilipendio della magistratura (un reato di opinione, appunto) eliminando l’arresto e sanzionandolo solo con una multa, da mille a cinquemila euro».
Lassini ha dovuto rinunciare alla candidatura...
«Cosa che non si può fare: una volta che le liste sono depositate non si può uscirne. Se mai, si è impegnato a dimettersi se verrà eletto. In ogni caso, il deterrente contro azioni come la sua non sono certo i 5mila euro di sanzione: è stato l’isolamento politico che si è creato attorno a questo signore che lo ha costretto a fare un passo indietro. Peraltro, questa storia è un classico esempio che serve a mettere in luce come l’obbligatorietà dell’azione penale finisca per essere controproducente per l’amministrazione della giustizia, anziché aiutarla. Con esiti piuttosto assurdi».
Quali esiti assurdi, onorevole Giachetti?
«L’obbligatorietà dell’azione penale costringe i magistrati ad aprire un procedimento sulla storia dei manifesti. Col risultato che per un reato a mio parere del tutto ridicolo ora quanto tempo, energie e soldi verranno impiegati in un’azione giudiziaria che - ben che vada - porterà il signor Lassini a pagare un paio di migliaia di euro di multa tra sei o sette anni? Ma non ci sono cose più urgenti e importanti per i cittadini per cui quelle risorse potrebbero essere meglio impiegate? Mi torna in mente la vicenda di quell’allegra brigata di buontemponi che anni fa salì sul campanile di San Marco a Venezia con un cannone di carta: siamo lì».
Il presidente Napolitano ha usato toni durissimi per stigmatizzare la faccenda: secondo lei ha esagerato?
«Napolitano ha reagito nel modo migliore richiamando l’attenzione del paese nel dedicare la giornata intitolata alle vittime del terrorismo ai magistrati uccisi mentre compivano il proprio dovere. È una risposta politica alta, che aiuta a formare la coscienza civile e democratica. Trovo invece molto grave che il premier non abbia preso le distanze con chiarezza da quei manifesti, a differenza di quanto hanno fatto sia il ministro Alfano che il presidente del Senato Schifani».
Anche lei accusa Berlusconi di essere il mandante morale?
«Gli attacchi ad alzo zero che Berlusconi sta facendo in questi giorni contro la magistratura sono il chiaro sintomo che questi problemi non si risolvono per via giudiziaria, ma solo attraverso una forte e intransigente reazione politica.

Il peso e la gravità di certe affermazioni, come dimostrano anche quegli scellerati manifesti, devono avere un prezzo politico, e mi auguro che siano gli italiani a farlo pagare al centrodestra già alle prossime amministrative. Ma è un compito che tocca agli elettori, non ai tribunali».

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